Skyline, Hudson River, New York, 1995 © Rodney Smith
Sempre in bilico fra reale e surreale, eccentrico «Magritte» della fotografia e artista dall’estetica inconfondibile, al grande fotografo newyorkese Rodney Smith Palazzo Roverella di Rovigo dedica un’ampia retrospettiva di oltre cento opere (4 Ottobre 2025 – 1 Febbraio 2026), che raccontano il mondo con grazia e raffinato umorismo. Una casa sghemba; un uomo che salta su una balla di fieno; un manager in doppiopetto, pinne e salvagente, che si rilassa nelle acque di un lago; una ballerina classica seduta sul tetto e cinque misteriosi personaggi con ombrello che osservano lo skyline di New York. Realtà o fantasia? Vero o falso? La risposta è semplice se si parla di Rodney Smith (1947-2016), il fotografo (ma sarebbe più corretto dire l’artista) che forse più di ogni altro ha saputo conciliare la banalità del quotidiano con l’ideale, regalandoci scatti sorprendenti e surreali, dove la vita reale si ammanta di stravaganza e assurdo. Immagini senza tempo, eteree ed estatiche, finestre aperte su mondi sospesi, ricche di grazia e mistero, rappresentazioni, per dirle con le parole di Smith, di « … un mondo leggermente fuori portata, al di là dell’esperienza quotidiana, ma sicuramente non impossibile ». Colto, elegante, raffinato , ironico, attento al dettaglio e al particolare, Smith , che è stato anche geniale fotografo di moda, ha proiettato nella sua arte le sue qualità di uomo, trovando nella fotografia – lui che si definiva un «ansioso solitario» – il modo migliore per dare forma e espressione alle proprie emozioni, per « riportare ordine nel caos». Realizzati con il solo ausilio di pellicola e luce naturale, i suoi scatti sono senza ritocchi, «nati già perfetti », frutto di un lavoro preciso e meticoloso, direi quasi « di cesello », dove nulla è lasciato al caso e il rigore compositivo non è freddezza. Anzi, il contrario. Davanti a una foto di Smith, che sia un ritratto o un paesaggio, o entrambe le cose insieme, lo spettatore è catturato da tanta grazia e raffinatezza, affascinato da un mondo onirico che stupisce, coinvolge, fa riflettere e sorridere. E chi avrà la fortuna di visitare la straordinaria mostra allestita ( da 4 ottobre 2025 al 1° febbraio 2026) a Rovigo, negli spazi espositivi di Palazzo Roverella, avrà modo di constatarlo di persona, cogliendo nei lavori pazzeschi di questo «Magritte della fotografia » anche rimandi e parallelismi con la tradizione cinematografica, di Alfred Hitchcock e di Charlie Chaplin in primis.La MostraSuggestiva monografica che restituisce un ritratto a tutto tondo di questo grande fotografo newyorkese , cosi la curatrice Anne Morin – direttrice di Chroma photography –ne descrive lo stile «Ogni immagine creata da Smith, con la cura e la precisione di un orafo, è un tentativo sempre nuovo di ricreare questa armonia divina e di raggiungere uno stato superiore, anche solo per un istante. Ogni immagine è eterea ed estatica. (…) In qualsiasi punto dell’immagine si posi lo sguardo, l’occhio è immediatamente sedotto dalla grazia, dalla raffinatezza, dallo squisito accostamento di forme e contro forme, dalla diversità delle materie e dalla ricchezza narrativa che eccelle per sobrietà, parsimonia e silenzio». Suddiviso in sei sezioni tematiche, ognuna contraddistinta da un tema ben preciso (La divina proporzione, Gravità, Spazi eterei, Attraverso lo specchio, Il tempo, La luce e la permanenza, Passaggi), il percorso espositivo è un susseguirsi di opere in bianco e nero (Skyline, Hudson River, New York, 1995 la mia preferita…) con qualche «macchia di colore», a testimonianza del fatto che Smith iniziò a lavorare con il colore solo a partire dal 2002, per altro con risultati sorprendenti. Ma il suo amore, per sua stessa ammissione, rimase sempre il black and white: «Dopo quarantacinque anni e migliaia di rullini, provo ancora questo amore incondizionato per la pellicola in bianco e nero. Tuttavia, contrariamente a quanto pensavano molti miei conoscenti, ho cambiato idea e circa otto anni fa ho iniziato a scattare anche a colori. Assolve a una funzione diversa per me, e ne parlerò più avanti, tuttavia non c’è niente per me come l’oscurità e la sfolgorante intensità del bianco e nero. È un’astrazione che avviene per aggiunta. Sì, c’è molto più colore nel bianco e nero di quanto non ve ne sia nel colore». E per chi sta scrivendo, è una sacrosanta verità…
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