L’aggressione russa in Ucraina ha aperto un nuovo capitolo nel mondo della guerra: i droni sono entrati di prepotenza nella lista degli strumenti cruciali per la riuscita sia di un’offensiva che di un’operazione difensiva. Basti pensare ai piani di riarmo europei, ribaditi anche al vertice informale di Copenaghen di questi giorni, per costruire un “muro di droni” che neutralizzino gli attacchi in arrivo dal fronte orientale. Perché è diventato una necessità? Il responsabile principale, anche se non l’unico, è il drone a basso costo Shahed. Anche di questo si è parlato nella puntata di Numeri, approfondimento di Sky TG24, del 1° ottobre.
Le caratteristiche del drone Shahed: efficace, economico, a lungo raggio
Lo Shahed è riuscito a cambiare le carte in tavola nel mondo bellico per vari motivi. Innanzitutto è un drone kamikaze: dentro non c’è nessuno, ma solo carica esplosiva pronta a essere sganciata sugli obiettivi da colpire. Non è un’operazione complicata, perché basta lanciarli ad esempio da camion e furgoni. Sviluppato dall’Iran, è stato utilizzato anche dai suoi alleati, dallo Yemen (compresi gli Houthi) alla Russia, che poi ha cominciato a produrlo internamente, con il nome Geran. Uno dei suoi punti forti, come anticipato, è anche il suo costo relativamente basso, o comunque inferiore ad altre alternative sul tavolo. Si aggira tra i 20mila e i 60mila dollari, a seconda delle tecniche specifiche utilizzate. Dal punto di vista operativo è poi molto apprezzato per la sua gittata lunga, all’incirca 1600 chilometri. Insomma: è un’arma efficace e piuttosto economica, che soltanto fino a pochi anni fa non esisteva.

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È per tutti i motivi elencati sopra che la Russia sta lanciando un gran numero di droni Shahed/Geran sull’Ucraina. La media giornaliera è salita da un’unica unità nel settembre 2022 (l’invasione è iniziata il 24 febbraio di quell’anno) alle 194 unità di settembre 2025, secondo dati forniti dalla CNN. Questa impennata dà il senso dell’urgenza di mettersene al riparto sentita anche all’interno dei confini europei. Non è però solo Mosca a utilizzarli. La stessa Kiev se ne è servita ad esempio per l’attacco senza precedenti sferrato alle basi aeree russe dello scorso giugno.

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L’obiettivo adesso è quindi essere in grado di abbattere questo tipo di droni efficacemente e a basso costo. Il profilo economico è centrale: farlo con un sistema missilistico Patriot, per fare un esempio, vorrebbe dire utilizzare un oggetto che costa 3 milioni di dollari per neutralizzarne un altro che costa sì e no 30mila dollari. Questo porterebbe al fallimento di chi finanzia la difesa. In Europa siamo però molto indietro sul punto. Al momento c’è un centro di addestramento in Polonia, gestito proprio insieme agli ucraini. Soltanto nel 2022 eravamo noi europei ad addestrare gli ucraini a combattere.
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