Ho partecipato ad Atri, piccolo paese d’Abruzzo tra colline e mare, al primo Expert Meeting dell’Associazione Internazionale Inacorp sulla Psicoterapia Reichiana Contemporanea, svoltosi dal 26 al 28 settembre 2025 tra strade di pietra e sale affrescate. Una comunità rappresentata da quasi 200 professionisti che hanno raggiunto la città dall’Argentina alla Georgia, dal Brasile al Messico, dalla Germania all’Italia, e da molti altri angoli del pianeta.
Tante persone, diverse tra loro, accomunate da una domanda radicale: come si genera salute?
Non si tratta di “togliere” un sintomo, ma di attivare anticorpi personali e sociali per stare meglio a scuola, nelle organizzazioni, nella vita di ogni giorno e, sì, anche sulla Terra che abitiamo. In una parola: salutogenesi, ovvero la capacità di generare attivamente benessere.
Che cos’è la salutogenesi? È un approccio che lavora su risorse, relazioni, significato, ambiente e corpo. In psicoterapia reichiana contemporanea coinvolge respirazione, postura, movimento, affettività e, quando necessario, anche farmaci, con un’attenzione costante al tempo dell’evoluzione individuale e sociale: l’epigenetica al lavoro.
Il tempo zero è adesso – Questo è stato il cuore del congresso, messo a fuoco dal presidente di Inacorp Genovino Ferri. Nella sua lectio magistralis Ferri ha offerto una mappa lucida e scomoda: “Siamo al possibile tempo zero per la specie”. Il nostro modo di vivere, dice, produce un effetto tossico sulla biosfera, una “peste emozionale” – un contagio di tensioni e conflitti – che si traduce in corpi tesi, attenzione frammentata, relazioni erose. La dopamina oltre soglia ci illude di essere euforici; sotto, una depressione collettiva che l’accelerazione sociale maschera tanto bene quanto peggiora.
Non è teoria astratta: quando viviamo da “bambini affamati” che devono prendere tutto e subito anche quando abbiamo tutto ma non siamo mai soddisfatti. È la parte più primitiva del nostro cervello che prende il comando e scavalca le aree che regolano emozioni ed empatia. Diventiamo predatori incapaci di metterci nei panni altrui. Qui la diagnosi del singolo diventa diagnosi planetaria: i feedback disorganizzanti della biosfera sono lo specchio del nostro corpo sociale. Tecnologie e psicofarmaci possono dare sollievo, ma separare il micro (le nostre vite) dal macro (la salute della Terra) non funziona: la cura è una danza tra dentro e fuori.
L’arte e la scienza di generare salute – Al centro c’è la salutogenesi: l’arte e la scienza di generare attivamente salute. Ferri la declina con una proposta concreta: ritrovare quella “profondità stratificata a 4 dimensioni” che aggiunge alla tridimensionalità del nostro essere animali ottici la quarta dimensione del tempo (sviluppo, epigenetica). Quando il corpo fa esperienza diretta (non solo immagina) si attivano i percorsi nervosi tra cervello e muscoli che consolidano nuovi assetti; se tutto resta in testa, si accende solo la corteccia cerebrale. Tradotto: servono corpi consapevoli in movimento, non solo menti che pensano; e quei corpi devono saper leggere la propria realtà e l’ambiente che rende possibile la vita.
È possibile uscire dalla centrifuga che spesso risucchia le nostre vite? Sì, se facciamo entrare il tempo nel modo di curare e organizzarci. I tre “principi attivi” della psicoterapia reichiana (relazione appropriata, attivazioni corporee, psicofarmacoterapia quando necessario), diventano “epigenetic drugs”: sistemi capaci di modulare i neurotrasmettitori e, nel tempo, di riscrivere circuiti feriti dai colpi della vita. La vegetoterapia di fase (un metodo specifico di lavoro corporeo) va in questa direzione.
Prima dei protocolli, però, c’è un gesto semplice: sentire dove siamo. Piedi a terra, respiro che torna, sguardo che si allarga. Sono pratiche semplici, applicate alla quotidianità, che ci riportano a noi stessi: dove siamo, cosa facciamo, con chi e perché. Questo si è sperimentato nei tanti workshop proposti dai professionisti arrivati ad Atri da tutto il mondo. La salute si propaga per connessioni: tra persone, discipline, saperi. Una classe che respira insieme è già un pezzo di mondo che respira meglio. Lo stesso vale per un’équipe di lavoro, un quartiere, una comunità professionale.
Il messaggio finale che arriva dal congresso va oltre gli spazi ristretti dello studio degli psicoterapeuti: “Salvare il pianeta Terra sarà salvare la madre per salvare la specie”, ha concluso Ferri. Non retorica, ma intelligenza evolutiva: passare dallo stile predatorio del prendere a uno stile di attaccamento affettivo. È il primo passo della danza tra dentro e fuori che può ancora salvarci. Perché, dice Ferri, siamo “i nuovi anticorpi che l’intelligenza della vita sta sviluppando”. Abbiamo una responsabilità: far sapere fuori che esistono processi neghentropici, che risuonano con il curare dentro l’individuo.
Se non invertiamo la rotta, il disordine e il caos eccessivo faranno si che il “tempo zero” diventi quella realtà da cui non è più possibile uscire.
Fino a quando quel punto di non ritorno è il corpo, il nostro e quello della Terra, che sa sempre da dove ricominciare nelle situazioni difficili: dal respiro che condividiamo sotto quella sottile corona d’atmosfera che ci tiene in vita. Sempre che noi riusciamo a sentirlo e ad agire di conseguenza.
