Dopo l’abbordaggio israeliano delle navi della Global Sumud Flotilla, Cgil e Unione sindacale di base (Usb) hanno indetto uno sciopero generale, in programma venerdì 3 ottobre, per protestare contro la «non azione del governo di fronte al genocidio dei palestinesi». Sono le parole di Guido Lutrario dell’Usb, che ribadisce: «Questo sciopero viene fatto perché l’esecutivo dovrebbe intervenire per isolare Israele e non lo fa, per questo è complice».
Il vicepremier Matteo Salvini ha condannato la manifestazione bollando come «irresponsabili» i sindacati «che aizzano le piazze danneggiando gli italiani». Il ministro starebbe, inoltre, ragionando sull’ipotesi di precettazione sulla base della valutazione della Commissione di garanzia sugli scioperi che ha dichiarato «illegittimo» lo sciopero generale di domani, 3 ottobre.
La ragione risiederebbe nella violazione «dell’obbligo legale di preavviso, previsto dalla legge 146/90» che disciplina il diritto di sciopero in Italia.
La stessa legge a cui fanno riferimento i sindacati appellandosi all’articolo 2 del testo, che al comma 7 riporta: «Le disposizioni del presente articolo in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori». E il nodo costituzionale è esattamente il centro del dibattito perché Cgil e Usb ritengono che «l’assenza di intervento nei confronti di un genocidio si configura come complicità» e, quindi, come una «violazione della Costituzione». La questione è direttamente collegata al comportamento del governo, si tratta di uno sciopero politico. Per questo, Guido Lutrario dell’Usb ritiene ambiguo «rimettere la decisione a una Commissione di nomina governativa».
Tuttavia, in una nota diffusa dalla Commissione si legge che il Garante ha ritenuto «inconferente il richiamo dei sindacati proclamanti all’art. 2, comma 7, che prevede la possibilità di effettuare scioperi senza preavviso solo «nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori». Di conseguenza, l’Autorità ha inviato «un’indicazione immediata» alle sigle sindacali, avvertendo che «il mancato adeguamento comporta, tra l’altro, l’apertura di un procedimento di valutazione del comportamento».
In ogni caso, lo sciopero «non si ferma» e Lutrario tranquillizza: «Tutti i lavoratori possono scendere in piazza sapendo che i sindacati sono gli unici a rischiare». Perché l’illegittimità valutata dalla Commissione comporta solamente la consapevolezza delle organizzazioni sindacali di agire «fuori dalle regole e incontro a sanzioni». Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha contestato la decisione sostenendo, invece, la piena «legittimità» dello sciopero. «Impugneremo la delibera della commissione di Garanzia e anche le sanzioni, se arriveranno», ha aggiunto.
Alla luce dell’intervento della Commissione, Salvini si è detto poi intenzionato a presentare un’informativa sugli scioperi per proporre una revisione della normativa vigente. In particolare, il ministro vorrebbe introdurre delle sanzioni «per chi incrocia le braccia senza rispettare le regole» che, ad oggi, andrebbero dai 2.500 a 50mila euro.
Lo scontro con Meloni
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato la decisione dei sindacati insinuando che la scelta di scioperare il venerdì sia, in fondo, anche un pretesto per riposarsi un giorno in più. «Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme», ha affermato ironicamente Meloni al suo arrivo a Copenaghen per l’imminente summit Ue. Un’accusa respinta da Lutrario che ha definito la programmazione temporale dello sciopero come una «pura casualità» dettata dall’ordine degli eventi. Israele ha intercettato e bloccato la Flotilla mercoledì sera ma, se fosse successo lunedì o martedì, «lo sciopero sarebbe stato indetto di conseguenza».
Non la manda a dire neanche Maurizio Landini, secondo il quale Meloni «offende» e, invece, «dovrebbe portare rispetto» perché «in Palestina è messo in discussione il diritto delle persone di vivere in pace» e «non si può stare a guardare». Poi rincara: «Lo sciopero non è un obbligo – aggiunge Landini – quando una persona lo fa, rinuncia al suo stipendio. E se una persona rinuncia allo stipendio vuol dire che è convinta di partecipare a una cosa importante. Le piazze si riempiono di persone normali che vedono quello che sta succedendo, le persone che muoiono e il genocidio in atto; scatta un meccanismo di umanità e fratellanza».
Inoltre, secondo Lutrario, il commento di Meloni cozza con la realtà perché «il problema del sabato e della domenica è stato sottratto a un infinità di categorie». A partire da tutti gli impiegati nel settore dei trasporti che sono operativi «sette su sette senza interruzione». Motivo per cui l’accusa di approfittare di un «weekend lungo», commenta il sindacalista Usb, «è una bufala, una bugia evidente».
Le reazioni di Uil, Cisl e Fnsi
Pur senza entrare nel merito, Uil prende le distanze dallo sciopero proclamato da Cgil e Usb suggerendo un percorso alternativo: una «grande iniziativa popolare senza bandiere che unisca il paese nel segno dell’umanità e della pace». È questa la proposta del segretario generale Pierpaolo Bombardieri che resta comunque fermo nel condannare «l’ulteriore violazione del diritto internazionale compiuta nei confronti della Flotilla». Bombardieri ha annunciato che il sindacato «proseguirà nella sua azione di solidarietà concreta con la raccolta di fondi a sostegno dell’attività della parrocchia di Gaza», ricordando che «troppo spesso posizioni politiche e interessi strategici monopolizzano l’attenzione, relegando la pietà verso le vittime a effetti collaterali». La chiave, secondo il segretario Uil, è avere il coraggio di «anteporre la vita umana agli interessi di parte e il diritto internazionale alle ragioni di potenza».
In termini simili si è espressa anche la leader della Cisl, Daniela Fumarola, che ha rinnovato la condanna del sindacato a «tutte le guerre» perché «guai a immaginare di concentrarsi soltanto su un conflitto». La Cisl, annuncia Fumarola, ha deciso di agire «concretamente» mandando aiuti alla popolazione di Gaza attraverso la Croce Rossa, che già opera sul territorio. La segretaria ha criticato la proclamazione dello sciopero generale difendendo la scelta del suo sindacato «di non incendiare» le piazze, «ma di costruire un percorso che possa poggiare su basi concrete».
Da ultimo, la Federazione nazionale della Stampa italiana ha reso nota la decisione di non aderire allo sciopero generale, lasciando comunque liberi i «comitati di redazione e le associazioni regionali di stampa» di partecipare autonomamente. La scelta è funzionale a «consentire a tutti i giornalisti di poter informare i cittadini e tenere acceso un faro su ciò che sta accadendo oggi a Gaza». Perchè al dovere di informazione «non si può abdicare». In ogni caso, la Fnsi ha ribadito la propria solidarietà agli attivisti della Flotilla e la propria vicinanza «al popolo palestinese». Rivolgendosi direttamente a Israele, la Federazione ha chiesto di «rilasciare immediatamente i colleghi giornalisti» che hanno rischiato la vita «pur di raccontare la missione umanitaria».
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