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Redazione Economia

La misura era stata considerata straordinaria e temporanea, vista la situazione la crisi in cui versava il Paese. Ma ora ha perso il requisito di eccezionalità e va cambiata

La Corte Costituzionale ha stabilito che il limite massimo degli stipendi nei pubblici uffici deve tornare a fare riferimento al trattamento del primo presidente della corte di Cassazione, cancellando la soglia fissa di 240mila euro stabilita da una norma del 2014. La decisione riporta dunque indietro le regole sugli emolumenti dei dipendenti pubblici che dal 2011 si basavano su questo parametro, modificato e bloccato negli ultimi anni. Pur ribadendo che la previsione di un «tetto retributivo» per i pubblici dipendenti non contrasta di per sé con la Costituzione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità della norma che fissa questo limite. Il «tetto» dovrà essere ora definito con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Come era stato introdotto

Il limite massimo retributivo era stato introdotto con il decreto-legge n. 201 del 2011, e poi in base agli aumenti medi intervenuti nel pubblico impiego arrivano a 255 mila euro, per tutti coloro che ricevono emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche, mediante rinvio allo stipendio del primo presidente della Corte di cassazione. Nel 2014, però, cambiò la misura del tetto. Invece di rimanere legato allo stipendio di quel ruolo, la legge ha fissato un importo massimo uguale per tutti i dipendenti decurtando quasi automaticamente le retribuzioni più alte, soprattutto fra i magistrati. Questa scelta è stata presa nel contesto di una crisi economica profonda, giustificando la necessità di riduzioni straordinarie e temporanee nelle spese del pubblico.



















































Considerata una misura eccezionale

Per i primi anni in cui la norma ha trovato applicazione è stata ritenuta non costituzionalmente illegittima poiché considerata una misura straordinaria e temporanea, giustificata dalla situazione di eccezionale crisi finanziaria in cui versava il Paese. Con il trascorrere del tempo, tuttavia, ha definitivamente perso quel requisito di temporaneità, posto a tutela della indipendenza della magistratura e necessario ai fini della sua compatibilità costituzionale. Si torna dunque a un meccanismo che richiede aggiornamenti e verifiche periodiche, abbandonando una cifra fissa e immutabile.

Non ha effetto retroattivo

La corte costituzionale ha precisato che la dichiarazione di incostituzionalità non ha effetto retroattivo. Questo significa che le disposizioni fissate dalla norma del 2014 rimangono valide per il passato, ma cessano di applicarsi dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in Gazzetta ufficiale.
Il giudizio ha rilevanza per tutti i pubblici dipendenti, dato che si tratta di una questione generale riguardante il tetto massimo degli emolumenti a carico della finanza pubblica. I dipendenti titolari degli stipendi più elevati potranno veder modificati i loro trattamenti, riagganciandoli al valore attuale dello stipendio di primo presidente della Corte di cassazione.

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Quanto guadagna il primo Presidente della Cassazione

Lo stipendio base del primo Presidente è attualmente di 241.080 euro lordi annui, a cui si aggiunge l’indennità di rappresentanza di 72.000 euro lordi annui (fonte Corte Costituzionale), che porta la retribuzione complessiva lorda annua a 313.080 euro. Considerando le 13 mensilità, lo stipendio mensile lordo si aggira intorno ai 18.544,62 euro. Questa sentenza comporterà una revisione dei limiti salariali nel pubblico e potrà influire sulla composizione dei piani retributivi soprattutto nei settori che, negli anni recenti, erano stati toccati dalle soglie fisse. Si prospettano trattamenti più flessibili, adeguati agli scostamenti del parametro di riferimento e meno penalizzanti rispetto a una cifra stabilita a priori.

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28 luglio 2025 ( modifica il 28 luglio 2025 | 16:59)