Farà 17 anni il prossimo 19 dicembre e a pensarci bene corre in bici da poco tempo avendo iniziato quasi per caso, ma Jacopo Vendramin è già una bella realtà, riuscendo a ritagliarsi il proprio spazio alla sua prima stagione da junior.
Probabilmente mai si sarebbe immaginato quest’anno di poter ottenere risultati importanti anche a livello internazionale con la maglia azzurra. Vendramin con la sua Industrial Forniture Moro C&G Capital ha centrato finora quattro vittorie (in apertura foto italiaciclismo.net il terzo successo ad Imola a fine agosto) e altrettanti podi. Poi si è messo al collo diverse medaglie in pista con la nazionale. Quella d’oro è arrivata a luglio agli europei in Portogallo vincendo lo scratch, poi un mese dopo ai mondiali in Olanda ha aggiunto un argento (eliminazione) e due bronzi (scratch e omnium).
Veneziano di Marghera e velocista, Jacopo è uno di quei corridori svegli che vuole imparare dai propri errori e senza obbligatoriamente bruciare le tappe come impone talvolta il ciclismo giovanile di adesso. La scelta di non andare all’estero nel 2026, come vedremo, è coerente con il suo pensiero.




Tracciamo un piccolo profilo su di te al di fuori della bici.
Frequento la quarta classe al liceo scientifico-sportivo “Stefanini” di Mestre con buoni voti. Il tempo libero lo trascorro cercando di rilassarmi e uscendo in compagnia degli amici senza fare nulla di particolare. Mi piacciono molto da guardare i motorsport, in particolare la Formula 1.
Hai fatto le tradizionali categorie giovanili?
Rispetto a molti ragazzi che corrono con me, ho cominciato tardi e per prova. Fino a dieci anni ho fatto un po’ di tutto giusto per tenermi in movimento. Il classico nuoto e il più originale parkour, perché mi piaceva saltare da una parte all’altra dopo aver visto una manifestazione di questa disciplina nel mio paese. Devo dire che quei movimenti mi sono tornati buoni quando ho iniziato a correre in bici. Per un po’ infatti ho fatto anche trial. Mi piaceva fare numeri di equilibrio, però ho smesso perché diventava troppo pericoloso per l’attività.
Com’è nata la passione per il ciclismo?
Ero in età da G4 e un mio amico mi aveva invitato a fare una gara assieme a lui. Eravamo a fine stagione e feci un mese di corse. Mi era piaciuto correre, tanto che dall’anno successivo ho continuato. Ho corso fino a G5 con la Maerne-Olmo, che poi si è fusa col Martellago con cui ho fatto G6 e le due annate da esordiente. Da allievo invece sono passato alla Industrial Forniture Moro (il C.S. Spercenigo di San Biagio di Callalta in provincia di Treviso, ndr).




Che tipo di corridore sei?
Sono un velocista che tiene su salite brevi, da 6-7 minuti. Sfrutto le mie doti veloci e di saper guidare bene la bici, però non sono voluto diventare per forza uno sprinter. Anche perché non ti ci puoi improvvisare, lo devi un po’ sentire dentro. A me piace l’adrenalina del finale di gara. Negli ultimi due chilometri voglio entrare in ogni spazio per guadagnare posizioni o viceversa mantenere quella che occupo già in vista della volata. Cerco di usare il mestiere sempre restando nei limiti della correttezza e senza voler rischiare inutilmente.
Hai qualche idolo o riferimento tra i pro’?
Anche se ha caratteristiche diverse dalle mie, ammiro tanto Van der Poel. Tra i velocisti il mio preferito è Jonathan Milan perché uno dei più forti al mondo ed è italiano. Invece non saprei dirvi a chi potrei somigliare dal punto di vista fisico e tecnico. Cercherò di scoprirlo.
Cosa osservi nelle volate che guardi in televisione?
Non mi limito solo a vedere gli ultimi metri o quando parte lo sprint. Sono affascinato dai momenti precedenti. La preparazione alla volata, come entrano in scena gli “ultimi uomini” e se ci sono spallate. Osservo gli ultimi chilometri per vedere i movimenti e imparare qualcosa se si riesce.
In questo senso la pista aiuta molto, giusto?
Assolutamente sì. Con la pista sai stare in gruppo. Ho iniziato a farla già esordiente del primo anno e me ne sono reso conto. La pista però ti dà anche un colpo di pedale che in strada non trovi subito. Anche in questo caso l’ho visto su di me.




Ti saresti aspettato di vincere l’europeo di scratch e le altre medaglie ai mondiali?
Non ci avrei scommesso nulla, sono sincero. Da fine dicembre a inizio giugno ho fatto un allenamento alla settimana in pista con la nazionale. Ho faticato all’inizio tanto che alle gare internazionali le ho prese dagli avversari. Dino (il cittì Salvoldi, ndr) mi ha aiutato tanto e con lui ho capito che dovevo migliorare la resistenza mentre il picco di velocità era già buono. Due settimane prima dell’europeo non sapevo cosa aspettarmi, però le sensazioni erano già migliori rispetto al passato ed ero un po’ più fiducioso.
Quale specialità preferisci?
Diciamo che dipende dal momento (sorride, ndr). Ho vinto il titolo europeo nello scratch e naturalmente sono contento. Mi piace anche l’omnium, tuttavia l’eliminazione è quella che mi piace di più perché mi diverte. Bisogna saper stare in gruppo e penso di essere competitivo in quel fondamentale.
Anche su strada sono arrivate tante soddisfazioni con la prima vittoria al debutto. Sei rimasto sorpreso?
Ho iniziato pensando solo ad allenarmi e a farmi trovare pronto. Volevo capire la categoria, senza farmi illusioni. Devo dire però che non pensavo di vincere subito. Poi col passare del tempo ho cercato di capire dove non dovevo più sbagliare. Ad esempio usare un rapporto troppo duro in certi arrivi. Magari con qualche errore in meno avrei più vittorie, ma sono contento così. Di sicuro avere un avversario come Alessio (Magagnotti, ndr), che è diventato anche un grande amico, ti stimola a dare il meglio.


Hai avuto il contatto con una formazione estera per fare il secondo anno da loro. Come mai hai deciso di non andare?
Innanzitutto sono stato molto lusingato di aver ricevuto il loro interessamento, mi ha riempito di motivazioni. Ne ho parlato con la famiglia e col mio procuratore e abbiamo capito che sarebbe stato complicato far incastrare le gare da loro con i miei studi. Preferisco finire bene la scuola e poi vedere come andrà. So che se l’anno prossimo ripeterò gli stessi risultati di quest’anno, magari facendo meglio, potrò attirare ancora l’attenzione di qualche formazione estera.
Che obiettivi si è posto Jacopo Vendramin per il 2026?
Dal punto di vista tecnico vorrei soprattutto migliorare in salita, non solo per le nostre corse, ma per guadagnarmi una convocazione in nazionale su strada con più continuità. Quest’anno ho avuto la possibilità anche di disputare in Francia a Morbihan una prova di Nations Cup e vorrei ripetere questa esperienza. In pista invece vorrei vincere un oro mondiale in una delle specialità in cui correrò.