Il figlio del mitico “Professore” racconta la passione del padre, scomparso vent’anni fa in diretta durante un confronto con l’ex presidente del Genoa Preziosi: “Faceva l’allenatore con una dedizione totale. Doveva andare alla Juve e al Napoli, ma Montezemolo e Moggi…”
Giornalista
3 ottobre 2025 (modifica alle 08:01) – MILANO
Franco Scoglio ha cambiato il vocabolario del calcio, inventandosene uno tutto suo. “Io non faccio poesia, io verticalizzo”. “Lei, là in fondo, la deve smettere. Sennò parlo ad minchiam”. “Io odio la Sampdoria e non perdo occasione per ribadirlo”. “Che libidine quando perdo”. E così via, sempre diretto e coerente con il proprio personaggio. Eppure l’ex allenatore del Genoa non è stato solo un insieme di frasi cult. Oggi ricorre il 20° anniversario dalla sua morte, una scomparsa che un visionario come Scoglio previde quasi come uno stregone per tempistiche e modalità. “Morirò parlando del Genoa”, era stata anni prima la profezia del Professore. Ed esattamente così andò: stroncato da un arresto cardiaco in diretta televisiva precisamente il 3 ottobre del 2005, mentre l’ex allenatore rossoblù discuteva con l’allora presidente del Grifone, Enrico Preziosi. Un confronto animato ma civile. I toni si accendono, poi Scoglio fa un cenno con la mano e porta la testa all’indietro attraverso un movimento innaturale tra lo stupore dei presenti in studio. E se ne va. Morto parlando di Genoa. Oggi lo ricorda il figlio Tobias, tedesco d’adozione, il più appassionato al pallone tra i quattro ragazzi del Professore.
Tobias, quante volte ha rivisto le immagini della sera in cui suo padre morì in diretta?
“Tantissime, e all’inizio faceva molto male. Per i primi 2-3 anni mi sembrava un film horror, poi con il passare del tempo sono riuscito a farmene una ragione. Anche perché le immagini non sono limpidissime, sembra che mio papà si addormenti. Chiesi ad un amico di farle rimuovere dalla rete, ma mi spiegò che poi qualcuno le avrebbe rimesse online. Sarebbe diventata una battaglia inutile”.
Scoglio girò molto durante la carriera da allenatore, che rapporto riuscì ad instaurarci?
“Tra tutti i figli sono sempre stato il più calciofilo: ho due sorelle che non seguono il pallone e un fratello interessato al tennis mentre io mi facevo trasferte di 850 chilometri da Kaiserslautern, quando ci abitavo, a Genova. Papà mi chiamava prima di accordarsi col Genoa (tre le parentesi da tecnico in rossoblù, ndr) dicendomi ‘Tieniti forte che ti faccio una sorpresa…’. E la sorpresa più grande era sempre la panchina del Grifone”.
Quando il rapporto tra Scoglio e il Genoa finiva, il Professore soffriva sempre tantissimo…
“Si angosciava, si affliggeva, si devastava proprio. Perché faceva l’allenatore con una dedizione totale, diversa dagli altri: non lavorava per soldi, ma per passione. Tanto che nel 2001 se ne andò lasciando al club gran parte del suo ingaggio. Per il Genoa. Con altre squadre, i soldi giustamente se li prendeva”.
Una passione viscerale, quella per i rossoblù.
“Ricordo un episodio prima di un derby nell’aprile del 2001, eravamo insieme in una stanza d’hotel alla vigilia della partita. Io mi svegliai alle 4 di notte per bere un po’ d’acqua e trovai papà sul letto con una ventina di fogli e lavagne che studiava la formazione. Non mi considerava neppure, diceva solo ‘Aspetta, zitto, zitto che non so se mettere Giacchetta o Malagò più avanzato. O forse Ruotolo…’. Franco Scoglio era così, per questo ho deciso di chiamare mio figlio Francesco Scoglio jr”.
E infatti, pur di salvare il Genoa in B, Scoglio rinunciò a un Mondiale da ct della Tunisia.
“Era gennaio, la nazionale era già qualificata e giocava un anche un ottimo calcio. Il Grifone andava malissimo, era penultimo. La squadra andò a Salerno con Onofri in panchina ma la formazione la fece papà da lontano. E qualche giorno dopo tornò a Genova. La città aveva su di lui un richiamo più forte persino di un Mondiale. Poi, nella sua testa, si faceva dei grandi film: era convinto di salvare il Genoa e poi partire per Giappone e Corea, ma i dirigenti tunisini si offesero e non accettarono il doppio incarico. Però il Genoa lo salvò alla grandissima vincendo anche un derby. Se avesse cominciato la stagione dall’inizio sarebbe stato promosso in A”.
La Juve cercò Scoglio, poi non se ne fece nulla. Perché?
“Non solo la Juve, ma anche il Napoli di Maradona. Tutti corteggiavano mio padre. Poi però Montezemolo sostituì Boniperti e decise di prendere Maifredi. Mentre Moggi, al Napoli, dopo alcune valutazioni scelse di tenere Bigon. In quella stagione, tra l’altro, Spinelli propose a papà di restare ma purtroppo rifiutò, e l’anno dopo il Genoa andò in Europa con Bagnoli. L’errore più grande della sua carriera: pubblicamente non l’avrebbe mai ammesso, ma in casa sì”.
Fra le tante citazioni di suo padre diventate cult, qual è la sua preferita?
“Senza dubbio ‘Io non faccio poesia, io verticalizzo’. Rispecchia il mio pensiero con mio figlio Francesco, che vorrebbe diventare calciatore. Cerco di dargli gli stessi consigli che credo gli darebbe suo nonno, per lui una leggenda. Ma non è male neppure quella relativa ai 21 modi per battere un calcio d’angolo…”.
Oggi il Genoa avrebbe bisogno di un Franco Scoglio in panchina?
“Sono certo che mio padre farebbe meglio di Vieira, come lo sarebbe mio padre: un uomo sicuro delle sue possibilità. È vero che il Genoa ha venduto senza rimpiazzare e per un allenatore diventa difficile, anzi io stesso pensavo che la squadra fosse sulla carta più forte. Ma Scoglio salverebbe il Genoa tranquillamente”.
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