Welfare Index: i benefit sempre più leva per il successo aziendale

Nella giornata di ieri, 2 ottobre, è stato presentato a Milano l’ottavo Rapporto sul welfare occupazionale in Italia, curato da Adapt per Intesa Sanpaolo. Come per ogni edizione precedente, anche stavolta è stato pubblicato l’aggiornamento del Welfare index, uno strumento che Adapt ha sviluppato per la banca torinese e creato allo scopo di fornire a operatori, imprese e player del comparto delle relazioni industriali un modo concreto, attendibile e sintetico per misurare la vicinanza o la lontananza di un mix di misure appartenenti a un piano di welfare dal concetto stesso di welfare aziendale.

 

Il punto più importante emerso dalla presentazione è che il Welfare Index, che per questa edizione copre un arco temporale che va dal 2022 al 2024, ha raggiunto l’altissimo valore di 80,4%. Come sottolineato anche da un articolo pubblicato in anteprima dal Sole 24 Ore, un livello così elevato è la prova di come il welfare si stia orientando sempre di più verso una dimensione “aziendale”, incentrata sulla produttività, ma anche a una maggiore flessibilità nella gestione del lavoro.

 

Per generare il Welfare Index, Adapt ha esaminato 132 contratti collettivi nazionali di lavoro, andando a calcolare quanti, in fase di rinnovo, hanno previsto l’inserimento di misure di welfare occupazionale. Dall’analisi è emerso che la maggior parte dei provvedimenti presi con i Ccnl rientrano nella protezione sociale di ordine collettivo, che in termini concreti significa un incremento dell’assistenza sanitaria (43% dei casi) e della previdenza integrativa (40%). Tra l’altro, tutto ciò sembra testimoniare come la fiducia verso la capacità dei sistemi previdenziale e sanitario nel sopperire alla crescente domanda per questa tipologia di servizi si stia riducendo sempre di più tra i cittadini italiani.

 

Per quanto riguarda i “flexible benefits”, ovvero quei beni e servizi messi a disposizione dalle aziende e che vanno oltre la retribuzione, il Rapporto afferma che sono stati inseriti dal 29% dei nuovi contratti collettivi. Questo dato, assieme a quelli presentati nel paragrafo precedente, può sembrare in controtendenza rispetto alla sintesi dei risultati presentata all’inizio, ma chi conosce il diritto del lavoro sa che alla contrattazione collettiva si affianca sempre anche una contrattazione a livello aziendale, che negli anni ha visto la sua importanza aumentare sempre di più.

 

Il Welfare Index tiene conto anche di questa dimensione, infatti ha esaminato oltre 1.300 accordi tra singole imprese e dipendenti ed è emerso, in primis, che oltre 600 (il 47%) di questi hanno previsto almeno una misura di welfare, ma soprattutto che i flexible benefit sono stati concessi molto di più (33%) rispetto alle controparti che fanno capo a previdenza complementare e assistenza sanitaria (rispettivamente 24% e 21%), segnando un trend diametralmente opposto rispetto a quello nazionale. Andando più nello specifico, il 32% di questi accordi prevede l’inserimento di buoni pasto e/o servizi mensa, seguiti da un 31% che disciplina i premi relativi ai risultati di produzione e dalle misure che prevedono la formazione e l’istruzione dei dipendenti stessi (28%).

 

Pertanto, alla luce di questi dati, è possibile affermare che il welfare aziendale è diventato un canale per il successo soprattutto a livello di singola impresa, essendo diventato fondamentale nell’attrarre e trattenere i propri talenti, andando oltre il suo ruolo sociale.