Nel cuore del Texas, tra gli impianti sterminati della Gigafactory e il ritmo costante dei caricatori automatici, Tesla firma un trimestre da incorniciare. I numeri parlano chiaro: nel terzo trimestre del 2025, la Casa guidata da Elon Musk ha consegnato 497.099 veicoli, sfiorando il traguardo simbolico del mezzo milione. È un salto in avanti del 7% rispetto allo stesso periodo del 2024, e ben oltre le stime degli analisti, che si fermavano a quota 445.000. Wall Street, che da mesi guarda Tesla con un misto di scetticismo e attesa, è rimasta spiazzata.

Una crescita che, per certi versi, non era scritta nei radar di mercato. Ma che oggi impone una riflessione più profonda sul ruolo del marchio californiano nella transizione elettrica.

Una corsa contro il tempo

La ragione principale del balzo nelle consegne? La risposta arriva da Washington, più che da Palo Alto. La scadenza dei crediti d’imposta federali per l’acquisto di auto elettriche, fissata al 30 settembre, ha innescato una vera e propria corsa all’acquisto negli Stati Uniti. Famiglie e aziende hanno accelerato le decisioni, temendo di perdere i vantaggi fiscali previsti dalla politica ambientale.

E Tesla – da sempre maestra nel cavalcare i trend normativi – ha saputo convertire il timore fiscale in impulso commerciale. Il risultato? Un mercato nordamericano in netta espansione, in grado di compensare la flessione registrata in Europa, dove le dichiarazioni di Elon Musk, giudicate da molti provocatorie e divisive, hanno suscitato un’ondata di critiche e una temporanea frenata nella domanda.

A conferma della tendenza, anche altri costruttori hanno registrato un’impennata nel comparto elettrico: Ford, ad esempio, ha comunicato un aumento delle vendite EV di oltre il 30% nello stesso periodo. Segno che, al di là del brand, è stato il contesto normativo a trainare la domanda.

Produzione in calo: un campanello d’allarme?

Ma se le consegne brillano, i dati sulla produzione accendono una spia. Tra luglio e settembre, Tesla ha prodotto 447.450 veicoli, con un calo del 4,8% rispetto al Q3 2024. Una contrazione che apre interrogativi sulle potenzialità della catena produttiva nei prossimi mesi, soprattutto in un contesto globale reso più fragile dall’inflazione, dall’instabilità geopolitica e dalla crescente concorrenza cinese.

Il mismatch tra produzione e consegne potrebbe essere legato a una strategia mirata di esaurimento scorte in vista di aggiornamenti di gamma. Oppure, più semplicemente, a difficoltà logistiche legate ai fornitori o alla gestione dei flussi tra le varie gigafactory.

Da parte sua, Tesla non ha fornito dettagli specifici sulla ripartizione geografica delle vendite né sulla destinazione dei singoli modelli. Ma le indicazioni provenienti dal mercato suggeriscono un peso sempre più determinante del Nord America, mentre l’Europa e alcune regioni asiatiche mostrano segnali di rallentamento.

Cosa aspettarsi dal quarto trimestre

Il grande interrogativo riguarda adesso l’ultimo trimestre dell’anno. Sarà in grado Tesla di confermare il trend di crescita anche senza la spinta degli incentivi fiscali statunitensi? Oppure si assisterà a una fisiologica frenata della domanda, in attesa di nuove politiche o aggiornamenti di prodotto?

Molto dipenderà da come l’azienda saprà gestire la transizione interna verso nuovi modelli – si parla insistentemente dell’introduzione di una compatta “low cost” per i mercati emergenti – e dalla tenuta della reputazione del marchio in Europa, dove le controversie comunicative di Musk continuano a generare effetti ambigui.