di
Paolo Mereghetti

La regista Carine Tardieu racconta questo dramma in cui un bambino si trova a stabilire un legame con la vicina di casa, per via di un lutto inatteso

Alla regista Carine Tardieu piace raccontare storie d’amore. Ma non storie semplici, di quelle dove un lui incontra una lei. Nei suoi film c’è l’amore ma ci sono anche le complicazioni che si incontrano nella vita reale. In Toglimi un dubbio un uomo scopre di non essere il padre di sua figlia e che anche la dottoressa di cui si è innamorato nasconde un segreto di non facile soluzione. Ne I giovani amanti l’amore che è scoppiato tra un medico e una donna decisamente più anziana di lui deve fare i conti con il peggioramento della malattia di cui soffre lei. Anche L’Attachement (ma perché questo doppio titolo in Italia, dove «tenerezza» non è certo la traduzione del francese Attachement, che vuol dire piuttosto attaccamento?) anche questo film – dicevo -inizia con un problema e di quelli giganteschi: per accompagnare la moglie Cécile in ospedale a partorire (le si sono rotte le acque in anticipo) Alex (Pio Marmaï) è costretto ad affidare il figlioletto Elliott (César Botti) all’inquilina di fronte, visto che chi si era offerta di occuparsene non si trova.

E così Sandra (Valeria Bruni Tedeschi), libraia e single, si trova a fare quello che non ha mai fatto: occuparsi di un bambino. Con qualche problema riesce a superare le prime ventiquattro ore portandoselo anche in negozio, ma quando il padre torna a suonare alla porta, dagli occhi pieni di lacrime di lui capisce che è successa una tragedia: partorendo la piccola Lucille, la madre è morta. Impossibile a questo punto abbandonare al loro destino Elliott e suo padre, che deve imparare ad occuparsi di Lucille, ma impossibile anche sostituirsi alla morta. Per Sandra inizia un periodo decisamente complicato, perché si accorge che il piccolo Elliott (che tra l’altro non è figlio di Alex ma del primo marito della defunta) si attacca subito a lei: il suo bisogno di una figura femminile, lo porta immediatamente a cercare un sostituto e chi meglio di una libraia che sa raccontargli tante belle storie. 



















































Ma Sandra non ha assolutamente voglia di trasformarsi in una «mamma», ancorché putativa: se non si è sposata e non ha voluto figli, una ragione ci sarà. Pian piano poi, il film si popola di altri personaggi: c’è la madre (Catherine Mouchet) di Cécile, che però sembra paralizzata dal dolore e non è capace di aiutare il genero; ci sono la sorella (Florence Muller) e la madre (Marie-Christine Barrault) di Sandra, dalle quali si può intuire il perché della sua scelta solitaria; c’è il padre biologico di Elliott (Raphaël Quenard) che non sembra proprio ansioso di recuperare il suo ruolo genitoriale; c’è una pediatra di origini rumene (Vimala Pons) esuberante e coinvolgente, ma soprattutto ci sono le complicazioni che la vita ci mette davanti tutti i giorni, dove impegni, desideri, problemi, paure ed errori si accavallano e si intorcinano. 

C’è anche l’inevitabile momento in cui Alex è davvero convinto che tra lui e Sandra, così disponibile e così affezionata ad Elliott, possa nascere qualcosa. In fondo è quello che tutti gli spettatori più o meno si aspettano, ma avviene troppo presto perché possa chiudere il film e ci pensa la lucidità di lei a cancellare ogni possibile equivoco: «Non sei innamorato di me – gli dice – sei innamorato della situazione: amo i tuoi figli ma sono troppo vecchia per averne. Tu elabori il tuo lutto tramite me…è come farsi i denti su un osso». A questo punto la vita di Alex procede in altra direzione (c’è la pediatra in agguato) ma allo spettatore interessa sempre più capire cosa succederà a Sandra. Ed è merito di Valeria Bruni Tedeschi, sorprendente (e bellissima) con gli occhiali e i capelli corti, anche qui (come in Duse) bravissima, se il personaggio di questa «zitella-mamma» ci conquista, facendo venir voglia di scavare un po’ di più nella testa e nel cuore di una donna che sembra rifiutare i percorsi tradizionali. E non certo perché incapace di dare affetto: Elliott (un altro dei pilastri del film) ne è la dimostrazione vivente. Ma perché, come la regista sa raccontare benissimo, ci sono tanti modi di voler bene. Agli altri ma anche a sé.

30 settembre 2025