Nel 2022 i Comuni hanno impegnato per i servizi sociali e socio-educativi 10,9 miliardi di euro, di cui 812 milioni rimborsati dalla contribuzione a carico degli utenti e 1,2 miliardi finanziati dal Servizio Sanitario Nazionale. La spesa (8,9 miliardi al netto delle suddette compartecipazioni) aumenta, a prezzi correnti, del 5,8% rispetto all’anno precedente. In rapporto al Pil, la spesa dei Comuni per il welfare territoriale rappresenta lo 0,46%, quota stabile rispetto al 2021. La spesa media pro-capite è di 150 euro all’anno, con ampi divari tra le aree del Paese: da 78 euro al Sud a 207 euro nel Nord-est, passando per i 165 euro del Centro, i 162 euro del Nord-ovest e i 144 euro delle Isole.
A livello regionale le differenze sono ancora più marcate: il valore minimo è di 38 euro pro-capite della Calabria e quello massimo è di 607 euro pro-capite della Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Al netto della spesa per i servizi educativi per la prima infanzia (nido e altri servizi), che afferiscono all’ambito educativo, la spesa per i servizi sociali in senso stretto si attesta a 7,5 miliardi di euro. Sono i dati del recente Report dell’ISTAT sulla spesa sociale dei Comuni (Anno 2022). Il 37,3% delle risorse è destinato a bambini, ragazzi e famiglie con figli: il 15,4% è la quota per i nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia e il 21,9% quella per interventi e servizi sociali; il 27,5% ha finanziato l’assistenza alle persone con disabilità, il 14,8% i servizi rivolti agli anziani, il 9% il sostegno nell’area della povertà e dell’esclusione sociale, il 5,1% il supporto a immigrati, Rom, Sinti e Caminanti, lo 0,3% i servizi nel settore delle dipendenze e il restante 6% le attività generali e i servizi per la multiutenza.
Oltre all’insostenibile disparità territoriale, significativa è anche l’eterogeneità dell’offerta rispetto alla dimensione demografica dei Comuni: la spesa media pro-capite è decisamente più alta nelle città con più di 50mila abitanti (196 euro), mentre si mantiene sotto la media nazionale per i Comuni più piccoli. I differenziali si ampliano ulteriormente se si combina l’ampiezza dei Comuni e l’area geografica: la media pro-capite varia dal minimo di 51 euro dei Comuni più piccoli (fino a 2mila abitanti) del Sud al massimo di 292 euro dei Comuni più grandi (con oltre 50mila abitanti) del Nord-est. Inoltre, nei Comuni più grandi del Sud il livello di spesa pro-capite (102 euro) è inferiore a quella registrata nei Comuni più piccoli del Nord-est (220 euro). Il valore particolarmente elevato che caratterizza la spesa nei piccoli Comuni delle Isole (235 euro) è dovuto alla specificità della Sardegna, dove risulta alta la spesa per i servizi destinata ai disabili e agli anziani residenti nei piccoli centri.
Criticità si rinvengono anche nelle aree interne, ove la spesa per i servizi destinati alle persone con disabilità è in media del 24,2% inferiore rispetto a quella delle aree centrali (1.782 euro pro-capite contro 2.350 euro). Il divario più marcato si registra nel Centro, con una differenza del 34,4% a sfavore delle zone periferiche, seguito dal Sud (-28,4%), dal Nord-ovest (-18,4%) e dalle Isole (-15,2%). Al contrario, nel Nord-est la spesa pro-capite per i residenti con disabilità nelle aree interne supera del 3,7% quella delle aree centrali. La situazione più critica permane quella delle aree interne del Sud, dove la spesa annua pro-capite per l’assistenza ai disabili è di soli 844 euro, molto al di sotto della media nazionale (2.217 euro). Particolari squilibri territoriali si rinvengono poi per la disabilità. Nel 2022 la spesa sociale dei Comuni nell’area della disabilità è stata di 2,4 miliardi di euro, con un incremento del 10,9% rispetto all’anno precedente e del 44% rispetto a 10 anni prima, ma dal punto di vista territoriale le risorse impiegate per i servizi di supporto ai disabili continuano a essere disuguali: i valori oscillano fra 2.740 euro per persona con disabilità fino a 64 anni nel Nord-est e 1.070 euro nel Sud.
Ma chi finanzia il welfare locale? La maggior parte della spesa è finanziata da risorse locali: oltre la metà della spesa per i servizi sociali e socio-educativi per la prima infanzia è finanziata dalle risorse proprie dei Comuni (50,2%) o delle loro forme associative (6,1%). Fra le altre fonti di finanziamento, la più rilevante è rappresentata dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (fondi provinciali nel caso di province autonome), che coprono il 17,9% della spesa. In aumento la quota finanziata dai fondi vincolati statali o dell’Unione europea, passata dal 2,7% del 2012 al 13,1% del 2022, mentre è diminuita, dal 69,3% al 56,3%, quella finanziata con risorse proprie di Comuni ed Enti associativi; stabile, all’8%, la quota finanziata dal fondo indistinto per le politiche sociali. Infine, la parte finanziata da altri enti pubblici rappresenta il 3,6% (era il 2,1% nel 2012) e quella finanziata dal settore privato appena l’1,1%. Le risorse regionali e sub-regionali coprono dunque quasi i tre quarti della spesa per il welfare locale.
“Negli ultimi anni, si legge nel Report dell’ISTAT, i servizi sociali sono stati oggetto di vari provvedimenti normativi, volti all’ampliamento dell’offerta e alla riduzione dei divari territoriali. Sono state definite alcune priorità di intervento e per alcuni servizi sono stati determinati i livelli minimi da garantire sull’intero territorio nazionale (Livelli essenziali delle prestazioni sociali, LEPS). La Legge di Bilancio per il 2021 ha stabilito il rapporto minimo tra gli assistenti sociali impiegati presso i Comuni o gli Ambiti territoriali sociali e la popolazione residente (almeno uno ogni 5mila abitanti). A fronte degli stanziamenti effettuati per il potenziamento della dotazione di assistenti sociali, la spesa per il servizio sociale professionale, nel 2022, è stata di 521 milioni di euro, con un incremento di 35 milioni di euro rispetto al 2021 (+7,3%)”. Tuttavia, dal punto di vista territoriale, le differenze in ordine alla fruizione di un servizio sociale professionale rimangono marcate: i fruitori del servizio sociale professionale variano da un minimo di 2,6 utenti ogni 100 abitanti al Sud a un massimo di 5,2 al Nord-est (la media nazionale è pari a 3,9 utenti). La spesa annua corrispondente varia da 5 euro per abitante al Sud a 13 euro al Nord-est (9 euro per abitante la media nazionale). A livello regionale, il Friuli-Venezia Giulia fa registrare la spesa pro-capite più alta (20 euro l’anno per abitante), seguono le Province Autonome di Trento (16 euro) e di Bolzano/Bozen (15 euro). Sul versante opposto la Calabria, con soli 2 euro pro-capite l’anno, la Campania (3 euro), la Sicilia (4 euro).
Qui il Report