La notizia, riportata ieri per primo dal blog DC Rainmaker, ha lasciato tutti a bocca aperta: Strava ha fatto causa a Garmin, chiedendo addirittura che l’azienda americana smetta di vendere i suoi orologi sportivi e i suoi ciclocomputer.
Un fulmine a ciel sereno, se si pensa che per anni Strava e Garmin sono stati partner strettissimi: milioni di ciclisti e runner usano ogni giorno un dispositivo Garmin per registrare le proprie attività e poi caricarle su Strava. Eppure, dietro la rottura ci sono accuse pesanti di violazione di brevetti e di accordi non rispettati.
I motivi della causa

Strava sostiene che Garmin abbia copiato due delle sue funzioni più iconiche:
- i Segmenti, quelle porzioni di percorso su cui gli utenti possono gareggiare virtualmente e confrontare i tempi;
- le Heatmap, le mappe di calore che mostrano i percorsi più battuti dagli sportivi.
Secondo Strava, Garmin non solo avrebbe copiato queste idee, ma avrebbe anche violato un accordo firmato nel 2015 – il cosiddetto Master Cooperation Agreement – che prevedeva regole precise su come integrare i Segmenti di Strava nei dispositivi Garmin.
Una battaglia legale su vecchie questioni
Curiosamente, le funzioni al centro della disputa non sono affatto nuove:
- Garmin aveva introdotto i propri segmenti già nel 2014, prima ancora di integrare quelli di Strava;
- Le mappe di calore erano comparse online in diverse forme già nel 2013, quando Strava non aveva ancora registrato alcun brevetto.
Molti osservatori fanno quindi notare che Strava rischia grosso: i brevetti citati potrebbero persino essere invalidati perché l’idea era già in circolazione prima della loro registrazione.
Le radici dello scontro
Secondo quanto riportato da Bikeradar, le radici della rottura non sono recenti. Inoltre nel 2024 Strava aveva introdotto modifiche al proprio sistema di API che penalizzarono molte app di terze parti, tra cui Garmin. Quest’ultima accusò Strava di gestire in modo poco trasparente l’attribuzione dei dati e di utilizzare, senza sufficiente controllo, i dati caricati dagli utenti Garmin su Strava per addestrare sistemi di intelligenza artificiale. Una miccia che ha contribuito ad alimentare il contenzioso odierno.
Perché proprio adesso?
Viene spontaneo chiedersi: perché Strava ha aspettato dieci anni per muoversi?
Dietro la causa ci sarebbero motivi più strategici che tecnici. Negli ultimi mesi Garmin ha introdotto nuove regole sul suo sistema di condivisione dati, chiedendo maggiore visibilità al proprio marchio quando i dati raccolti dai suoi dispositivi vengono mostrati su altre piattaforme, Strava inclusa.
Strava ha visto queste regole come un “ricatto” e un rischio per la propria immagine, tanto da decidere di passare alle vie legali. Alcuni analisti leggono questa mossa anche alla luce della probabile quotazione in borsa di Strava: mostrare i muscoli potrebbe servire a rafforzare la percezione del marchio tra investitori e partner.
Cosa rischiano gli utenti?
La domanda che molti si fanno è semplice: cosa succederà a chi usa Garmin e Strava insieme?
Al momento, Strava ha rassicurato che la causa riguarda solo le due aziende e non interromperà la sincronizzazione delle attività tra i dispositivi Garmin e l’app Strava. Anche Garmin, da parte sua, ha scelto di non alimentare il fuoco, limitandosi a dire che non commenta cause legali in corso.
Ma lo scenario resta incerto: se la battaglia dovesse inasprirsi, Garmin potrebbe rispondere limitando l’uso dei suoi dati su Strava. Una mossa che avrebbe conseguenze enormi, considerando che la maggior parte degli utenti paganti di Strava arriva proprio dal mondo Garmin.
Una guerra che rischia di fare male a tutti
La vicenda lascia l’amaro in bocca perché mette l’uno contro l’altro due tra i marchi più amati dagli sportivi digitali. Se Strava e Garmin dovessero davvero rompere i rapporti, i veri a rimetterci sarebbero gli utenti, che da anni vivono in un ecosistema integrato e fluido.
Per ora resta un braccio di ferro legale che potrebbe durare mesi, forse anni. Ma una cosa è certa: l’alleanza più forte dello sport digitale è entrata in crisi, e nessuno sa come andrà a finire.
[Fonte]
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