Distruzione a Gaza

Distruzione a Gaza – ANSA

«Apprezziamo gli sforzi del mondo arabo, di quello islamico e quelli internazionali, così come il richiamo del presidente Trump per far finire la guerra nella Striscia di Gaza». Quando oramai nessuno ci sperava, alle ore 23 di Gerusalemme è arrivata la nota con cui una fonte di Hamas riferiva che l’organizzazione armata accetta il piano per la liberazione degli ostaggi, una tregua duratura, e la cessione del potere a un organismo palestinese indipendente.

Nella dichiarazione rilasciata dal movimento fondamentalista attraverso Al Jazeera si afferma che verranno rilasciati tutti gli ostaggi, vivi e morti, «secondo la formula di scambio delineata nella proposta del presidente Trump, a condizione che siano garantite le condizioni necessarie per lo scambio». Non è l’unica puntualizzazione che può mettere a rischio il definitivo “sì”. Hamas insiste sulla disponibilità ad avviare ulteriori negoziati per affrontare «i dettagli» del progetto Trump. «Accettiamo di consegnare l’amministrazione della Striscia di Gaza – aggiunge la nota – a un organismo palestinese di figure indipendenti e non affiliate». In cambio i miliziani avranno un salvacondotto se deporranno le armi e decideranno di lasciare Gaza.

«Sulla base della dichiarazione appena rilasciata da Hamas, credo che siano pronti per una pace duratura – ha scritto Donald Trump su Truth -. Israele deve immediatamente fermare i bombardamenti su Gaza, così da poter liberare gli ostaggi in modo sicuro e rapido! In questo momento è troppo pericoloso farlo. Siamo già in discussione sui dettagli da definire. Non si tratta solo di Gaza, si tratta della pace tanto attesa in Medio Oriente», ha concluso il tycoon.

La Casa Bianca aveva stabilito un termine di 72 ore dalla firma dell’intesa, perché i circa 20 ostaggi ancora in vita venissero immediatamente consegnati alla Croce Rossa Internazionale. Dunque entro martedì potrebbe avvenire la liberazione, in cambio della scarcerazione di 250 ergastolani palestinesi. L’operazione avverrebbe a ridosso del 7 ottobre, a due anni esatti dal massacro compiuto dai miliziani: 1.250 morti e oltre 250 ostaggi.

Dopo il profittevole accordo economico con il Qatar, e le scuse di Netanyahu per l’attacco ai capi di Hamas ospitati a Doha, la posizione americana su Gaza si era fatta più forte. Abbastanza perché Donald Trump alzasse la voce: «Avete tempo fino alla mezzanotte di domenica per accettare la proposta. In caso contrario, sarà l’inferno». A far mancare il terreno sotto i piedi dei fondamentalisti è stata la risposta dei Paesi arabi. Mai come nelle ultime giornate dalle monarchie del Golfo fino al Pakistan, sembravano decisi a non offrire il consueto ombrello ai leader del gruppo armato.

«La migliore proposta di pace dall’inizio della guerra», ha dichiarato sotto anonimato un funzionario arabo vicino al negoziato, secondo cui dopo due anni di massacri «nessuno è disposto a perdere questa opportunità». Un progetto definito «imperfetto e vago in alcuni punti, ma è giunto il momento di porre fine ai combattimenti».

Mentre si rincorrono le voci di imminenti azioni militari su larga scala contro gli interessi dell’Iran e della galassia sciita, la maggior parte dei mediatori finora più vicini alle posizioni di Hamas sembrano intenzionati a chiudere un occhio sulle smagliature negoziali. I 20 punti che Donald Trump ha annunciato nel piano «per la pace eterna in medioriente» – parole sue – non erano in linea con la bozza che gli era stata presentata da un gruppo di Paesi a maggioranza musulmana, ha dichiarato il ministro degli Esteri pachistano, Ishaq Dar. Il gruppo aveva proposto il ritiro completo di Israele da Gaza durante un incontro con Trump il 22 settembre, mentre il suo piano prevede un «ritiro parziale» delle forze israeliane. La proposta del tycoon prevede il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti, entro 72 ore dal cessate il fuoco che Hamas dovrà accogliere entro domenica sera per fermare il conto alla rovescia verso nuove massicce ondate di operazioni israeliane. Si fa riferimento a una “Nuova Gaza”, da riqualificare dopo la completa distruzione di intere aree della Striscia. La bozza lascia molti dettagli al negoziato che dovrà proseguire durante il silenzio delle armi.

Il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif aveva precedentemente accolto con favore il piano di Trump. La Casa Bianca aveva svelato i dettagli una settimana dopo aver incontrato i leader di otto nazioni musulmane: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania, Turchia, Indonesia e Pakistan. L’amministrazione Trump vuole infatti che i leader arabi accettino di inviare forze militari a Gaza per gestire la fase di transizione, sotto il coordinamento di un‘agenzia guidata dall’ex premier laburista britannico Tony Blair e con lo stesso Trump come garante. La bozza preparata dagli stati musulmani chiedeva invece il «ritiro completo di Israele» e «un percorso per una pace giusta sulla base della soluzione dei due Stati». Netanyahu ha ripetutamente escluso la creazione di uno Stato palestinese, affermando che la sua esistenza e legittimazione metterebbe in pericolo Israele. Vista da fuori, Hamas sembra molto meno compatta. Non solo perché rimaneggiata della sua leadership storica.

Mentre l’ex ministro della difesa Liberman, ieri ha seminato non poche preoccupazioni: «Sembra che questa volta gli iraniani stiano cercando di coglierci di sorpresa. Mi rivolgo direttamente ai cittadini israeliani: festeggiate il Sukkot (la festività che comincia dal tramonto di domenica, ndr), trascorrete del tempo con la famiglia e gli amici, ma siate cauti e rimanete vicini ai rifugi».

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