«Mezzogiorno locomotiva dell’economia italiana negli ultimi anni». «Senza il Mezzogiorno, la crescita del Pil nazionale sarebbe risultata più bassa di circa mezzo punto percentuale cumulato nel periodo 2020-2023 (+4,3% cumulato, invece di +4,8%)». «Anche se la distanza degli indicatori economici e di spesa con il Centro Nord è ancora significativa, l’accelerazione in corso al Sud rende il traguardo della riduzione del divario raggiungibile». Con una crescita che per Confindustria si annuncia «anemica» in tutta Italia nel biennio 2025-26, con il Pil rivisto al ribasso per via dei dazi (+0,5% quest’anno e +0,6% nel 2026, e il segno più è solo grazie al Pnrr), il cambio di passo e di paradigma del Sud si conferma il vero valore aggiunto per l’economia nazionale.

Il Centro studi di viale dell’Astronomia, che ieri ha presentato l’atteso Rapporto di previsione d’autunno, non fa certo sconti sulle prospettive dell’area a breve termine, condividendo con Svimez l’allarme sul possibile indebolimento della spinta, dopo almeno 4 anni di risultati percentuali superiori alla media nazionale. Ma è la certezza, giustificata dagli ultimi dati, che la partita si giocherà sempre di più nel Mezzogiorno a dare il senso della novità.