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Le notizie di operazioni con droni e altre azioni aggressive attribuite alla Russia sono diventate così tante in così poco tempo che è facile perdersi. Nelle ultime settimane a causa di avvistamenti di droni gli aeroporti di Monaco di Baviera, Copenaghen, OsloAalborg, tra gli altri, sono stati costretti a chiudere temporaneamente. La Polonia ha attivato l’articolo 4 della NATO. Droni sono stati avvistati mentre sorvolavano centrali energetiche e basi militari in Germania, Danimarca e Svezia. Ci sono stati sconfinamenti di caccia russi in Estonia. E se andiamo un po’ più indietro nel tempo, si vede come le operazioni di sabotaggio, danneggiamenti e attacchi informatici siano diventate sempre più gravi: di recente, hacker russi hanno preso il controllo di una diga in Norvegia.

Che sta succedendo? Facciamo ordine.

Come facciamo a sapere che è la Russia?
In alcuni casi è molto facile. I jet che hanno sconfinato a settembre in Estonia erano inequivocabilmente Mig russi, così come i droni militari abbattuti in Polonia. Lo stesso vale per gli attacchi hacker e i sabotaggi, che di solito lasciano tracce identificabili. Ma ci sono anche volte in cui è difficile dire con certezza assoluta se sia stata proprio la Russia a compiere una certa provocazione. Alcuni dei droni usati nelle scorse settimane sugli aeroporti sono difficilmente riconducibili a un singolo paese.

È voluto: attacchi di questo tipo consentono di ottenere quella che in inglese viene definita deniability, che in italiano può essere tradotta con negabilità. Al contrario di attacchi militari o provocazioni dirette, queste operazioni mantengono un sufficiente grado di incertezza da poter consentire al regime russo di dire: non siamo stati noi, voi europei ci state accusando ingiustamente. Proprio questa settimana il presidente russo Vladimir Putin ha detto che i leader europei stanno «alimentando l’isteria».

In realtà nessun governo europeo ha dubbi sul fatto che dietro a questa ondata di attacchi ci sia la Russia. I casi conclamati sono la maggioranza, e le indagini stanno via via mostrando che le provocazioni sono riconducibili al regime russo. La Russia, inoltre, è quella che ha maggiore interesse a questo tipo di azioni.

Cosa vuole la Russia?
Il regime di Vladimir Putin vuole anzitutto testare la prontezza delle difese europee, che per ora è stata deludente. Quando i Mig russi hanno sconfinato nello spazio aereo dell’Estonia a settembre, hanno potuto volare indisturbati per 12 minuti prima di essere intercettati e fatti tornare indietro: è un tempo lunghissimo. Il fatto che bastino pochi droni per far chiudere grandi aeroporti europei è estremamente preoccupante.

Testare le difese europee significa anche testare l’unità della NATO. La forza dell’Alleanza atlantica sta nel principio che, quando uno dei paesi membri è attaccato, tutti gli altri dovrebbero (il condizionale è importante) venire in suo aiuto. Per decenni però questo principio era rimasto teorico. Ora la Russia ha deciso di andare a vedere quanto regge in pratica, e ha scoperto che l’unità della NATO è piuttosto fragile.

In particolare l’amministrazione statunitense di Donald Trump non sembra disposta ad aiutare gli alleati europei in caso di bisogno, anche se gli Stati Uniti sono di gran lunga la principale forza militare dell’Alleanza. Vari membri dell’amministrazione in questi giorni hanno fatto capire che le provocazioni russe sono un problema degli europei.

Vladimir Putin, 30 settembre 2025

Vladimir Putin, 30 settembre 2025 (Alexander Kazakov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

Perché proprio adesso?
Ci sono due elementi che hanno probabilmente spinto la Russia a intensificare le operazioni contro l’Europa.

Il primo è, come detto sopra, l’isolazionismo dell’amministrazione Trump, che lascia alla Russia spazio di agire senza temere di provocare una ritorsione americana. Questo non sarebbe stato possibile anche soltanto pochi mesi fa, sotto la presidenza del Democratico Joe Biden: senza il sostegno americano, i paesi europei sono più deboli, influenzabili e facili da dividere.

Il secondo è che la guerra in Ucraina è a uno stallo, sia militare sia diplomatico. Sul campo l’offensiva russa di quest’estate ha portato a risultati molto limitati. È vero che gli ucraini sono allo stremo, ma le loro difese hanno retto. Anche i negoziati di pace, dopo un impulso ad agosto, sono fermi.

Per la Russia questo è dunque un buon momento per rivolgersi contro gli alleati dell’Ucraina, cioè i paesi europei. L’idea è che più l’Europa sarà concentrata sulle proprie difese e preoccupata per il proprio futuro, meno attenzioni, risorse e aiuti potrà dedicare all’Ucraina. Minacciare l’Europa è un modo, secondo Putin, di rendere più rapido il collasso dell’Ucraina.

Come sta rispondendo l’Europa?
Per ora in maniera confusa e divisa, anche se è vero che per mettere assieme delle difese efficaci contro attacchi ibridi di questo tipo ci vuole tempo. I leader europei hanno capito che la situazione è grave. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz questa settimana ha detto: «Non siamo in guerra, ma non siamo nemmeno in pace».

Questa situazione ibrida mette l’Europa in quello che è definito «il dilemma del difensore»: non rispondere alle provocazioni significa vederle aumentare, ma reagire in maniera troppo energica potrebbe provocare un’escalation.

Per ora i paesi europei stanno reagendo con un insieme di minacce e azioni puntuali. Il governo polacco, per esempio, ha detto che se i caccia russi proveranno a sconfinare nel proprio spazio aereo, è pronto ad abbatterli. Vari governi hanno spostato sistemi di difesa anti drone vicino ai propri aeroporti civili e alle basi militari. Questa settimana, inoltre, la Francia ha abbordato una petroliera russa che, secondo alcune ipotesi non ufficiali, potrebbe essere stata usata per il lancio di droni contro la Danimarca.

L’Europa sta pensando anche a risposte difensive più complessive, come per esempio un «muro di droni» che, secondo la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dovrebbe contribuire a intercettare i droni nemici. Sono proposte su cui al momento non si sa tanto.