Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del Presidente U.S.C. – Michele Cataldi:
“Il diritto alla salute in Basilicata non può restare un principio sulla carta.
Da mesi la situazione dei servizi sanitari convenzionati con il Servizio sanitario nazionale è precipitata: liste d’attesa sempre più lunghe, mobilità passiva alle stelle, pazienti costretti a pagare privatamente prestazioni che dovrebbero essere garantite dal sistema pubblico.
La realtà, oggi, è che la libera scelta del cittadino è un diritto svuotato di contenuto: si può scegliere davvero solo se si ha la possibilità economica di pagare.
Per tutti gli altri, l’alternativa è aspettare mesi – quando non anni – o affrontare viaggi fuori regione con costi e disagi pesantissimi.
La Basilicata spende ogni anno decine di milioni di euro per cure acquistate in altre regioni: soldi che potrebbero essere investiti qui, rafforzando i servizi locali, creando lavoro e tutelando le comunità.
Di fronte a questa situazione, i sindaci del Vulture Alto Bradano hanno lanciato un allarme senza precedenti.
Nei loro comuni i servizi stanno progressivamente scomparendo, e con essi la possibilità stessa di garantire una vita dignitosa alle famiglie.
Senza sanità, i territori diventano sempre più fragili e disarmati di fronte al fenomeno dello spopolamento.
Per questo i primi cittadini hanno chiesto con forza l’intervento del Prefetto, sottolineando che la sanità è il primo presidio di coesione sociale: quando viene meno, la comunità si svuota.
È importante ribadire che il problema non è ideologico: non si tratta di pubblico contro privato, o viceversa.
Al contrario, tutti i presidi di sanità devono essere rafforzati, a partire dall’ospedale di Melfi, da quello di Venosa e dalle strutture ospedaliere e territoriali, fino alle strutture accreditate che da decenni integrano l’offerta pubblica.
Pubblico e privato accreditato devono lavorare insieme, lottando e collaborando in un sistema unico al servizio del cittadino.
Il nodo non è la contrapposizione, ma le scelte regionali che spesso non intervengono o intervengono male, lasciando irrisolti i problemi che si trasformano in vere emergenze per la sopravvivenza stessa dei servizi.
La soluzione non può essere affidata a provvedimenti tampone o a promesse che non trovano mai riscontro.
Occorre una legge regionale chiara e definitiva, che metta ordine ai rapporti tra Regione e strutture accreditate, oggi regolati solo dall’arbitrio estemporaneo e spesso senza criteri trasparenti.
Una norma capace di recepire finalmente quanto già previsto dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992, stabilendo regole oggettive per i contratti con le strutture, volumi programmati e tariffe certe che consentano ai cittadini di accedere ai servizi senza discriminazioni, standard di qualità verificabili e controlli seri sulle prestazioni, meccanismi di riequilibrio quando la domanda supera l’offerta per evitare blocchi e attese interminabili.
Questa richiesta non arriva soltanto dalle strutture e dai lavoratori del settore, che pure vivono in una condizione di grande precarietà, ma nasce dai cittadini stessi.
Nei mesi scorsi è stata consegnata una petizione popolare ai sensi dell’art. 14 dello Statuto regionale, che punta a coinvolgere direttamente il Consiglio regionale chiedendo un impegno legislativo non più rinviabile.
Non è una rivendicazione di parte, ma un atto di responsabilità verso i cittadini.
Le famiglie lucane non possono essere lasciate sole davanti a un sistema che, senza regole certe, rischia di collassare.
La sanità è un presidio di giustizia sociale: significa garantire a tutti la possibilità di curarsi in tempi ragionevoli, sul proprio territorio, senza dover pagare o emigrare.
Non è una battaglia di categoria – ribadiscono i promotori – ma una battaglia di civiltà.
I pazienti non possono più essere lasciati soli, costretti a scegliere tra il pagare e il rinunciare alle cure.
La Regione deve garantire l’uguaglianza dei cittadini davanti alla malattia, e per farlo occorrono regole certe, non provvedimenti occasionali. Non ci interessa la contrapposizione, ma la collaborazione: pubblico e privato insieme per difendere il diritto alla salute”.
Il messaggio che arriva dal territorio è netto: la Basilicata ha bisogno di certezza del diritto, di una sanità accessibile a tutti e di istituzioni che sappiano assumersi la responsabilità delle scelte.
Non è più tempo di rinvii: il Consiglio regionale deve approvare subito una legge che ridia fiducia ai cittadini, tuteli i lavoratori e salvi i territori dalla spoliazione.
Senza questo, il rischio è che si resti solo con ospedali indeboliti, servizi dimezzati e comunità sempre più fragili”.