A livello globale viene prodotto cibo in quantità sufficiente per nutrire la popolazione mondiale, ma circa 3,7 miliardi di persone, pari a quasi la metà degli 8 miliardi nel mondo, non ha un accesso sicuro a cibo sano, a un ambiente pulito o a un salario dignitoso. E Planetary Health Diet (Phd), che privilegia alimenti vegetali naturali e un consumo moderato di prodotti animali come carne e latticini, potrebbe non solo sfamare la popolazione mondiale, ma anche prevenire circa 15 milioni di morti all’anno. È quanto emerge dal rapporto della Commissione Lancet-Eat che, facendo seguito a quello storico del 2019, viene definita l’analisi scientifica più completa dei sistemi alimentari globali fino ad oggi. L’adozione globale di questo modello alimentare potrebbe ridurre notevolmente il rischio di malattie croniche come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, cancro e patologie neurodegenerative. La Commissione Eat-Lancet 2025 riunisce esperti mondiali in nutrizione, scienze ambientali, economia, agricoltura, giustizia e politiche sanitarie con l’obiettivo di fornire una valutazione scientifica dei sistemi alimentari fino ad oggi, offrendo nuovi dati per una trasformazione. Il rapporto rivela che oggi il sistema alimentare globale contribuisce al 30% delle emissioni di gas serra ed è il principale motore delle violazioni dei limiti planetari con impatto su clima, biodiversità, consumo di acqua dolce e uso del suolo. Significa che è il principale motore delle sfide più urgenti del mondo “dalle malattie croniche alla crescente disuguaglianza, dall’accelerazione del cambiamento climatico alla perdita di biodiversità” spiegano gli scienziati.
La Planetary Health Diet – La Commissione rafforza il modello della dieta della salute planetaria, introdotto per la prima volta nel 2019, descrivendo schemi alimentari equilibrati e ricchi di alimenti vegetali. Il nuovo rapporto aggiunge ulteriori prove, migliorando la rilevanza culturale, integrando l’equità sociale e fornendo indicazioni nutrizionali più precise e inclusive. La Phd deve includere cereali integrali (circa 150 grammi o tre o quattro porzioni al giorno), frutta e verdura (500 grammi o almeno cinque porzioni al giorno), frutta secca (25 grammi o una porzione al giorno) e legumi (75 grammi o una porzione al giorno), con poca carne rossa (0-200 grammi o una porzione a settimana), pollame (0-400 grammi o due porzioni a settimana), pesce (0-700 grammi o due porzioni a settimana), uova (3-4 uova a settimana) e latticini (0-500 grammi al giorno o una porzione di latte, yogurt o formaggio al giorno). Lo studio raccomanda inoltre di limitare gli zuccheri aggiunti, i grassi saturi e il sale per ridurre le malattie croniche. Pur suggerendo un consumo ridotto di carni rosse e lavorate a livello globale, il programma garantisce un “apporto sufficiente di proteine, ferro, calcio e vitamina B12” attraverso diverse fonti vegetali e una moderata quantità di fonti animali.
Le disparità dell’attuale sistema alimentare – Cosa accade, invece, oggi? Il 30% della popolazione mondiale più ricca consuma diete responsabili di circa il 70% delle pressioni ambientali complessive causate dai sistemi alimentari. “Al contrario, quasi metà della popolazione mondiale non ha accesso a diete sane e accessibili, salari equi e ambienti sicuri” afferma Christina Hicks, commissaria e professoressa di scienze sociali presso la Lancaster University. “Senza affrontare le disuguaglianze radicate negli attuali sistemi alimentari, nessuna trasformazione sarà completa o duratura” avverte. Nel documento si spiega che “soluzioni sostenibili ed eque sono a portata di mano” e che combinando la ‘Planetary Health Diet’ con sforzi globali per dimezzare perdite e sprechi alimentari, implementare pratiche agricole sostenibili ed ecologiche e fermare la conversione agricola di ecosistemi “il mondo può migliorare contemporaneamente la salute pubblica, ripristinare la salute del pianeta e fornire cibo a sufficienza per una popolazione globale prevista di 9,6 miliardi di persone entro il 2050”. “La dieta della salute planetaria non è un approccio universale – precisa Walter C. Willett, copresidente della Commissione e professore di epidemiologia e nutrizione alla Harvard T.H. Chan School of Public Health – ma tiene conto della diversità culturale e delle preferenze individuali, offrendo flessibilità all’interno di linee guida chiare per raggiungere risultati ottimali in termini di salute e sostenibilità in tutto il mondo”. Il quadro della Phd 2025 supporta, dunque, un’ampia gamma di modelli alimentari tradizionali e contemporanei, nel rispetto delle identità culturali, dei sistemi locali e delle diverse popolazioni, riconoscendo che le esigenze variano a seconda della popolazione e delle fasi della vita e che alcuni gruppi, come donne incinte, neonati e bambini piccoli, potrebbero richiedere un supporto nutrizionale aggiuntivo. Per colmare potenziali lacune nutrizionali, si sottolinea “l’importanza di adattamenti culturalmente appropriati, tra cui strategie di arricchimento e integrazione alimentare”. L’allineamento globale a questo tipo di dieta, inoltre, ridurrebbe le emissioni di carbonio legate all’alimentazione di oltre il 15% rispetto ai valori del 2020. Una percentuale che aumenta fino ad almeno il 20% proprio dimezzando gli sprechi e migliorando le pratiche di produzione. “I sistemi alimentari contribuiscono in modo significativo a molte delle crisi che affrontiamo oggi e, allo stesso tempo, sono la chiave per risolverle” sottolinea Shakuntala Haraksingh Thilsted, copresidente della Commissione e direttrice per la nutrizione, la salute e la sicurezza alimentare nel Gruppo consultivo per la ricerca agricola internazionale (Cgiar).