di
Stefano Montefiori
Parigi delusa, Macron tace parla il premier Bayrou: «Europa sottomessa agli Usa». Il dietrofront di Merz che ora boccia l’intesa. Ma Sánchez la difende. Il negoziatore Sefcovic: di meglio non si poteva fare
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – Dopo la prima e solitaria reazione positiva a caldo del cancelliere tedesco Friedrich Merz, domenica sera — «tutelati i nostri interessi fondamentali» —, ieri è stata la giornata dell’accettazione a malincuore, in Europa. Con una voce che però si è distinta, per pessimismo e tono epocale: il primo ministro francese François Bayrou ha scritto su X che «è un giorno buio quello in cui un’alleanza di popoli liberi, riuniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, si rassegna alla sottomissione». La parola scelta da Bayrou è pesante, soprattutto in Francia, perché Sottomissione è il titolo del celebre romanzo di Michel Houellebecq che dal 2015 a oggi è diventato un fantasma quasi ossessivo nel dibattito pubblico. Quella sottomissione era della Francia all’Islam, in un prossimo futuro; questa evocata da Bayrou è la sottomissione dell’Unione europea agli Stati Uniti adesso, nel presente.
L’uscita di Bayrou si è attirata il sarcasmo di qualche commentatore e avversario politico: «Che lampo di lucidità, bisogna assolutamente passare questa analisi al premier perché agisca!», ha detto Laurent Jacobelli del Rassemblement national, centrando un punto sensibile: Bayrou è sembrato cadere dalla nuvole, come se il capo del governo non fosse lui. E se non ha potuto fare nulla per evitare la sottomissione dell’Europa, questa è la più chiara ammissione di impotenza e di perdita di influenza della Francia, e anche degli altri Paesi scontenti ma incapaci di imporre un’altra linea. «Voi non c’eravate in quella sala, è stato il miglior accordo possibile», ha sbottato ieri il commissario per il Commercio e negoziatore per la Ue, lo slovacco Maros Sefcovic, a un certo punto della conferenza stampa a Bruxelles.
Il presidente Emmanuel Macron, che nelle scorse settimane aveva guidato la linea dura contro le imposizioni del presidente Trump, da due giorni preferisce tacere (come fa anche il leader polacco Donald Tusk).
L’aspetto positivo, sottolineato un po’ da tutti in Europa, è che questa «intesa squilibrata» almeno «toglie l’incertezza», come dice il ministro per gli Affari europei, Benjamin Haddad, che però non rinuncia a usare di nuovo la minaccia del «bazooka»: «Siamo importatori di servizi digitali americani che continuano a beneficiare di un via libera fiscale in Europa. L’attivazione dello strumento anti-coercizione europeo deve porvi rimedio, per tassare i servizi digitali americani o escluderli dai mercati pubblici. È ancora più urgente, dopo gli annunci di domenica».
Reazione indignata di Marine Le Pen, che parla di «fiasco politico, economico e morale», e da sinistra il futuro candidato presidenziale Raphaël Glucksmann le risponde che «lei ha sostenuto Trump, e adesso condanna la sottomissione agli Stati Uniti: non ha vergogna di niente».
Il Kiel Institute for the World Economy stima che un tasso del 15% comporterà una riduzione a breve termine del Pil tedesco dello 0,13%, superiore alla perdita dell’Unione nel suo complesso, ferma allo 0,1%. La Francia (0,01%) e l’Italia (0,02%) potrebbero essere meno colpite, anche se queste proiezioni non tengono ancora conto delle possibili eccezioni per alcuni settori (farmaci, prodotti chimici e agricoli, aeronautica).
Forse anche per questo il cancelliere Friedrich Merz, così rapido domenica sera nel salutare l’intesa, ieri ha cambiato tono e ha detto di «non essere soddisfatto» prevedendo «un danno considerevole all’economia tedesca».
Il premier spagnolo Pedro Sánchez sostiene l’accordo «ma senza entusiasmo», mentre quello ungherese Viktor Orbán, vicino a Trump e nemico dell’Unione pur facendone parte, esulta: «L’intesa è peggiore di quella siglata tra Stati Uniti e Gran Bretagna. Il presidente Trump si è mangiato Ursula a colazione».
28 luglio 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA