Domani (sabato 4 ottobre), alle 17 nel salone d’onore del Municipio, Donatella Signetti, docente, giornalista e studiosa, presenterà il suo nuovo libro «Perché abbiamo bisogno della dea» (Edizioni Aragno). Ad aprire l’incontro sarà Cristina Clerico, assessora alla Cultura del Comune. Seguirà un dialogo con l’autrice insieme a Edmondo Lupieri (Loyola University Chicago, autore della prefazione) e Ludovica Eugenio (direttrice di Adista, autrice della postfazione). Il titolo incuriosisce e apre domande. Chi è questa «dea»? Perché ne avremmo bisogno, oggi?

Un interesse durato anni

Signetti non è nuova a questi temi. «Mi sono laureata in Storia delle origini cristiane con una tesi su Gesù e le donne nel Vangelo di Giovanni – racconta – e già allora questa era stata per me un’esperienza coinvolgente e appassionante. Mi sono sempre interessata alla questione femminile e ho conservato negli anni un interesse vivo per il rapporto tra donna e sacro». Il libro nasce da questa lunga frequentazione. Un percorso di letture, studi, curiosità: «A un certo punto mi sono resa conto che ogni libro che leggevo approfondiva una questione separata: le tracce archeologiche neolitiche della Grande Dea, la mitologia antica, le figure divine femminili. Così nella mia mente si è formata una specie di mappa. Ho pensato: mi piacerebbe scrivere un libro che potesse essere un riferimento per esplorare questo territorio».

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Donatella Signetti *

17 Luglio 2025

Il maschio messo sempre al centro

Questa «mappa» è oggi diventata un volume strutturato in 4 capitoli. Non un testo accademico, ma un lavoro divulgativo che intreccia archeologia, antropologia, storia delle religioni e analisi culturale. Il punto di partenza è chiaro: per millenni le narrazioni religiose e sociali hanno messo al centro figure maschili. «Se il viaggio è sempre e solo dell’eroe – osserva Signetti -, certo che le donne faranno più difficoltà a uscire di casa e a vivere esperienze significative. E religioni fondate su un Dio maschio producono un condizionamento molto profondo sugli individui che costituiscono la società». Non è un atto d’accusa, ma un invito a guardare più a fondo. «Per aiutare, per accelerare questo processo di cambiamento che io auspico – spiega – avremmo bisogno di nuove narrazioni. E mentre ragionavo ho cominciato a trovarne di antiche».

Il dibattito sul patriarcato

La Dea, nella visione proposta da Signetti, non è soltanto un mito remoto. È un archetipo, un simbolo che rappresenta il ciclo vita-morte-vita, il perenne processo di trasformazione e divenire. Un lavoro che si inserisce anche nel dibattito sul patriarcato. Signetti non semplifica ma ricostruisce: cita le ricerche di Marija Gimbutas e Riane Eisler, che hanno messo in luce come le civiltà agricole dell’Antica Europa – centrate su una divinità femminile immanente, «la dea nella natura» – siano state soppiantate da società nomadi e guerriere con divinità maschili celesti, «un Dio tribale, esclusivo, che promette protezione alla sua tribù».

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piero dadone

10 Dicembre 2023

Un archetipo che favorisce il rispetto

Perché, dunque, abbiamo bisogno della Dea? «La cancellazione della Dea – spiega – ha creato uno squilibrio tra maschile e femminile, fuori e dentro di noi. C’è qualcosa da riequilibrare. Tra gli archetipi dell’inconscio collettivo di cui parla Jung c’è anche quello della Dea: c’è, ma è stato disattivato. E ciò che disattiva o attiva un archetipo sono le storie, i miti. Abbiamo bisogno di buone storie per riattivarlo prima dentro di noi, e poi fuori». Il libro si chiude con uno sguardo al presente e al futuro, anche attraverso narrazioni contemporanee, dal cinema alla narrativa, che recuperano il senso del femminile. Un tema, questo, che risuona forte nell’attualità: discriminazioni, violenza di genere, femminicidi. Senza forzare collegamenti, l’autrice suggerisce che «avere nell’immaginario l’archetipo della Dea attivo dovrebbe favorire il rispetto delle donne per se stesse e il rispetto delle donne da parte degli uomini».