Era sporco di sangue ovunque, su di sé portava i segni della mattanza, della violenza con cui aveva ucciso a sassate la moglie Elisa Polcino e il figlio Cosimo, lasciando in fin di vita la figlia sedicenne. Subito dopo gli omicidi, Salvatore Ocone si era rifugiato in quello che considerava il suo ‘posto sicuro’, quella chiesa dove si nascondeva quando, in preda alle crisi depressive, cercava sollievo.
Il particolare è stato confermato dallo stesso avvocato dell’agricoltore, Giovanni Santoro, che ieri ha accompagnato il suo assistito nell’udienza davanti al gip di Campobasso, Silvia Lubrano, che ha confermato il fermo dell’uomo.