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Da una parte il rialzo dei rendimento di alcuni titoli di Stato europei, in particolare quelli francesi. Dall’altra la discesa dell’euro. Sono queste – in linea di massima – alcune tra le dinamiche finanziarie più rilevanti nella seduta di mercato di ieri. Una giornata dove il «la» alle danze lo aveva dato il Paese Sol Levante. La probabile nomina a premier del Giappone di Sanae Takaichi ha – unitamente alla salita del Nikkei (+4,75%) – spinto all’insù diversi i rendimenti dei governativi. Il motivo? Perché il programma di Takaichi prevede -nonostante i futuro leader si professi accanita tacheriana -un’ingente spesa pubblica e la richiesta di una politica monetaria espansiva. «A fronte di ciò – spiega Antonio Cesarano, chief head strategist di Intermonte – gli investitori europei, che da tempo affrontano il tema dell’aumento del debito pubblico nel Vecchio continente, hanno reagito facendo calare i prezzi delle emissioni governative». In mattinata, poi, è arrivata la notizia delle dimissioni del primo ministro francese Sebastine Lecornu. Un evento il quale – con riferimento a Parigi – ha indotto un duplice impatto: la discesa, fin oltre il 2%, del Cac 40 e l’incremento dei saggi dei titoli di Stato. La scadenza decennale, in avvio di seduta, viaggiava intorno al rendimento del 3,5%. Non appena le agenzie hanno battuto la notizia del fallito tentativo di creare il nuovo esecutivo, il tasso del governativo francese è balzato fino a sfiorare il 3,6% per, poi, lievemente ritracciare. «Si tratta di una reazione – spiega Tullio Grilli capo brokerage elettronico di Banca Akros – legata alla specifica situazione a Parigi. L’alto debito pubblico e l’incertezza politica vengono, inevitabilmente, prezzati dagli investitori» i quali richiedono un maggiore premio al rischio per il caos transalpino. Il pericolo, allo stato attuale, non pare tradursi in un effetto contagio. «Confrontando l’andamento del titolo di Stato francese con quello, ad esempio, dell’Italia si vede che le dinamiche divergono». Non tanto nell’ultima seduta, dove lo stesso BTp è stato contraddistinto dal lieve incremento del saggio. Quanto, piuttosto, sul medio periodo. Il Titolo di Stato italiano, ad inizio del 2025, aveva un rendimento di circa il 3,5% «e attualmente il saggio si mantiene su quei livelli». Ben diversa, invece, la narrazione per l’Oat. «Qui lo yield era del 3,2% a fine del 2024 e ora si trova, per l’appunto, su livelli maggiori». A ben vedere, la storia in qualche modo è replicata in quel di Berlino. «Il rendimento del bund decennale, sempre ad inizio anno, valeva il 2,37%. Questa mattina è arrivato al 2,7%». Un trend il quale è dovuto – anche – al programma d’incremento della spesa pubblica tedesca. Ebbene: simili andamenti mostrano come finora «i rischi che il mercato vede con riferimento alla Germania e alla Francia debbano rimanere confinati a quei Paesi».

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