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Prevenzione tumore al seno. L'importanza del senologo
SSalute femminile

Prevenzione tumore al seno. L’importanza del senologo

  • 6 Ottobre 2025

È un simbolo potente di femminilità e seduzione, una metafora della maternità. Per tante è anche un po’ croce e delizia: c’è chi lo vorrebbe più grande e chi più piccolo, chi se lo vede troppo cadente, chi lo vorrebbe più sodo. Per tutte però il seno è la parte del corpo che più incarna l’identità femminile, in ogni sua sfaccettatura: anche per questo mantenerlo sano e bello a lungo è così essenziale per le donne, anche per questo ciò che più lo minaccia, il tumore al seno, è la paura neanche troppo segreta di ciascuna.

Tumore al seno, i dati sui percorsi di cura in Italia e in Europa

Il senologo, alleato nella prevenzione

L’antidoto ai timori? Fare conoscenza con il senologo, il medico che più di tutti gli altri può aiutare a riconoscere e gestire al meglio i problemi alle mammelle. A dare ragione alle donne e alle loro paure sono i numeri: il cancro al seno, con quasi 56mila nuovi casi l’anno, è il tumore femminile più frequente, a ogni età. La ricerca ha cambiato e continua a cambiare in meglio le prospettive per le pazienti (si veda il riquadro a destra), tanto che in trent’anni la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è arrivata a sfiorare il 90 per cento.

Risultati possibili anche grazie alla figura del senologo, il “medico del seno”: una figura che ancora oggi molte non conoscono e pure «non ben definita», come ammette Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Umberto Veronesi Ets e direttore del Programma di Senologia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Non esiste infatti una specializzazione in senologia; questo medico è spesso un chirurgo, talvolta un oncologo o un radiologo, che ha acquisito una specifica esperienza e competenza nella diagnosi e nella gestione dei disturbi della mammella: è perciò la persona giusta per interpretare le biopsie e le immagini di mammografia ed ecografia, anche tenendo conto della storia clinica della singola paziente e della visita in ambulatorio».

La diagnosi precoce e gli screening salvano la vita. Per questo è importante aderire. (Getty Images)

Un controllo senologico parte sempre dalla raccolta delle informazioni sulle abitudini e la storia, personale e familiare, di ogni donna (come l’età della prima mestruazione o della menopausa, le gravidanze eventuali, gli stili di vita, i casi di tumore al seno in famiglia); quindi c’è l’osservazione e la palpazione accurata del seno e l’analisi o la richiesta di test specifici.

L’esperienza del senologo è preziosa perché «La diagnostica per immagini da sola a volte può essere fuorviante: non conta solo l’esito della mammografia ma la donna nel suo insieme, con la sua età e la sua storia, che è ciò che valuta il senologo per arrivare alla diagnosi corretta» specifica Veronesi. «Un esame può indicare che una lesione è benigna,ma se all’età della paziente è poco probabile che lo sia, sarà giusto prescrivere un approfondimento; al contrario spesso vengono richieste biopsie in giovani per le quali visita ed ecografia sarebbero sufficienti a fare chiarezza».

«Il senologo, con la sua esperienza specifica, è quindi chi ha la capacità di valutare al meglio ogni situazione e indicare il percorso più adeguato alla diagnosi e poi per la gestione di un problema mammario» è quindi la definizione dell’oncologo. Lo specialista, insomma, è fondamentale soprattutto in chiave di prevenzione.

I controlli, anche dopo gli screening

Una visita, tuttavia, non serve sempre e comunque: «A trent’anni non occorre andare dal senologo, anche negli anni successivi,prima e dopo i 40 anni, il primo approccio resta l’ecografia al seno» è l’indicazione di Veronesi. Oltre i 45 anni la visita senologica può essere associata all’ecografia (utile soprattutto prima della menopausa quando il seno è più denso) e alla mammografia, che sono esami offerti gratuitamente tramite lo screening del tumore al seno previsto dal Sistema Sanitario Nazionale alle donne fra i 45-50 e i 70-75 anni (l’oscillazione, nelle indicazioni, dipende da quanto deciso dalle singole Regioni).

Dopo i 75 anni fare la mammografia a tutte non è più “conveniente”a livello di popolazione, ma «ci si continua ad ammalare, anche se a volte le pazienti più anziane quasi si “sorprendono” della diagnosi» sottolinea il medico. «Dopo i 75 anni, quindi, sottoporsi alla mammografia una volta all’anno rimane utile, soprattutto se si è in uno stato di buona salute complessiva: fare prevenzione con questo test può salvare la vita».

«La visita senologica non va associata tuttavia sempre e comunque all’esame diagnostico: il più delle volte basta la mammografia e il medico va interpellato solo in caso di esiti dubbi. Questo è vero a ogni età, così come è sempre opportuno, indipendentemente dall’anagrafe, un controllo senologico se compaiono sintomi» circostanza l’esperto. È bene quindi andare subito dal senologo se il seno cambia forma o dimensione; se eseguendo l’autopalpazione si avverte un nodulo; se i linfonodi delle ascelle sono ingrossati; se dal capezzolo sono secrete sostanze anomale; se la pelle appare diversa al tatto, ma anche infiammata, arrossata, dolente. Peraltro, anche mastiti e infezioni mammarie rientrano tra le competenze del senologo.

Dove trovare gli specialisti

I tumori restano però la patologia per cui ci si rivolge più spesso a questi specialisti, in chiave di prevenzione e per la diagnosi, ma anche per il successivo monitoraggio oncologico: è infatti il senologo che può tenere le fila del percorso di cura, chirurgico o con i farmaci. Non a caso, «I senologi fanno parte delle Breast Unit, i reparti dedicati alla mammella che oggi sono presenti praticamente in tutti gli ospedali e nei quali si riuniscono gli specialisti esperti di seno. È quindi semplice sottoporsi a un controllo, in caso di necessità» conclude il presidente della Fondazione Umberto Veronesi.

Una medicina sempre più su misura

Il nuovo studio Violet, avviato dalla Fondazione Umberto Veronesi, rivolto alle pazienti con tumore al seno ormone-dipendente e HER2 negativo punta a identificare quando e come proporre terapie alternative alla chemioterapia.

Trattamenti sempre meno aggressivi e soprattutto super-mirati, in modo da colpire dove serve e quanto basta. La terapia del tumore al seno è sempre più efficace ma anche più attenta a ridurre gli effetti collaterali, grazie a progetti come la nuova piattaforma di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi Ets con cui viene avviato lo studio Violet (Validation of Individualized Oncotype DX in Early breast cancer Treatment). È dedicato alle donne con un tumore al seno operabile dipendente dagli ormoni e HER2-negativo, che con il 70 per cento dei casi è la forma più comune. Spiega il senologo Paolo Veronesi: «Quando lo stadio di un carcinoma mammario non è più iniziale e i linfonodi sono positivi, spesso si fa precedere l’intervento da una chemioterapia, per ridurre il tumore. L’approccio è utile in molti tipi di cancro ma in quelli ormono-positivi HER2-negativi, i più comuni, non siamo mai certi che funzioni. Il rischio è esporsi a effetti collaterali senza benefici, perciò abbiamo pensato di sottoporre le pazienti prima dell’intervento a un test genomico, Oncogene DX, che già oggi impieghiamo dopo la chirurgia in caso dit umori di piccole dimensioni per decidere se evitare o meno la chemioterapia. In questo modo cercheremo di individuare prima chi ha le maggiori possibilità di risposta a una terapia con nuovi farmaci mirati come gli inibitori delle cicline, evitando alle pazienti chemioterapie non necessarie».

L’obiettivo è usare l’oncologia di precisione per ridurre i trattamenti in eccesso, prescrivendo solo quelli che funzionano di più e meglio
in ogni singola donna per rendere le cure sempre più tollerabili e migliorare così la qualità di vita.

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