Undici imbarcazioni partite dall’Italia con oltre 250 persone tra operatori sanitari, giornalisti e attivisti. “Un ospedale che galleggia” diretto verso la Striscia per rompere l’assedio e portare aiuti umanitari.
Una nuova missione umanitaria dal Mediterraneo
La nave Conscience è l’ammiraglia della flotta di navi con operatori sanitari, giornalisti e attivisti.
Dopo la Global Sumud Flotilla intercettata il 2 ottobre dalla marina israeliana, una nuova spedizione internazionale ha lasciato i porti italiani di Catania e Otranto. Undici imbarcazioni, organizzate dalla Freedom Flotilla Coalition e dal movimento Thousand Madleens to Gaza, navigano in queste ore verso la Striscia con a bordo più di 250 persone tra medici, infermieri, giornalisti e attivisti provenienti da venti Paesi.
L’obiettivo è lo stesso che da diciotto anni anima la coalizione internazionale: rompere il blocco navale imposto da Israele su Gaza e consegnare aiuti umanitari. Un’azione simbolica ma anche concreta, che mira a richiamare l’attenzione sulla condizione disperata della popolazione civile e del personale sanitario rimasto negli ospedali della Striscia.
Un ospedale che galleggia
L’ammiraglia della flotta è la Conscience, una nave lunga 68 metri e del peso di oltre mille tonnellate. È partita da Otranto il 30 settembre e ospita circa 100 persone tra medici, infermieri e giornalisti, coordinati da Vincenzo Fullone, portavoce italiano della Freedom Flotilla.
È un ospedale che galleggia – ha raccontato – a bordo ci sono farmaci da banco, materiale sanitario e un’équipe di medici che lavora giorno e notte per catalogare i medicinali. Andranno a dare il cambio ai colleghi di Gaza, che da mesi operano senza sosta e spesso senza strumenti.
Accanto alla Conscience viaggiano due barche a vela, la Al-Awda e la Ghassan Kanafani, mentre altre otto imbarcazioni, partite il 25 settembre da Catania, compongono la missione Thousand Madleens to Gaza. A bordo si trovano oltre 150 persone, tra cui il medico torinese Francesco Prinetti e il chirurgo trentino Riccardo Corradini, già impegnato a Gaza nel 2019.
Personale sanitario in prima linea
La componente sanitaria rappresenta il cuore della spedizione. Molti dei professionisti a bordo sono infermieri e medici, che hanno deciso di unirsi per offrire supporto ai colleghi rimasti negli ospedali di Khan Yunis e Rafah. “Fermarci non è sicurezza, è complicità con l’agonia”, ha scritto sui social Fullone, mentre un medico malese, Hafiz Sulaiman, ha spiegato: Spero di arrivare alla costa per aiutare chi, nei resti degli ospedali, lavora senza tregua da oltre due anni.
Il convoglio trasporta kit di primo soccorso, disinfettanti, materiale per medicazioni, strumenti chirurgici e medicinali di base, tutti beni che da mesi non riescono più a entrare nella Striscia.
Il diritto internazionale e la tutela del personale sanitario
Secondo le Convenzioni di Ginevra del 1949, i medici e gli infermieri che operano in contesti di conflitto sono “persone protette” e non possono essere fermati o arrestati per il solo esercizio della loro professione. Lo ricorda Enzo Cannizzaro, professore di Diritto internazionale alla Sapienza di Roma: Israele, che ha ratificato la IV Convenzione, dovrebbe consentire il passaggio dei sanitari e dei farmaci, garantendo il libero accesso degli aiuti umanitari.
Il giurista sottolinea che la Corte Internazionale di Giustizia ha già dichiarato illegittima l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi e, di conseguenza, il blocco navale su Gaza. Anche se fosse considerato legittimo – aggiunge – dovrebbe comunque rispettare il diritto umanitario, che vieta di affamare la popolazione civile o impedirle l’accesso ai mezzi di sopravvivenza.
Navi ferme a Creta, altre in rotta verso Gaza
Durante la navigazione, alcune barche hanno incontrato difficoltà. La Ghassan Kanafani si è fermata per riparazioni al porto di Creta, dopo la rottura della vela principale, mentre la Conscience prosegue verso sud, scortata dalle altre imbarcazioni e diretta verso le acque egiziane, per poi tentare di raggiungere Gaza. L’arrivo nella zona definita “rossa”, cioè l’area che Israele considera sotto la propria giurisdizione, è previsto nei prossimi giorni.
Il portavoce italiano della Freedom Flotilla Michele Borgia ha dichiarato che l’obiettivo resta politico e umanitario: Se Israele arresterà personale sanitario protetto dal diritto internazionale, i governi dei Paesi di provenienza non potranno restare in silenzio.
Un gesto simbolico ma necessario
Al di là delle difficoltà logistiche e dei rischi, la “flotta dei medici e degli infermieri” ha già raggiunto un obiettivo: riportare sotto i riflettori la condizione di Gaza e la sistematica violazione del diritto alla salute. In un territorio dove 36 ospedali su 36 risultano danneggiati o parzialmente distrutti, la presenza di operatori sanitari internazionali rappresenta una forma di resistenza civile e professionale.
L’azione della Freedom Flotilla e della Thousand Madleens è, prima di tutto, una denuncia: la salute non può essere ostaggio di un conflitto.
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