A cinquant’anni dall’istituzione dei consultori – nati il 29 luglio del 1975 – le donne del Partito Comunista Italiano di Parma chiedono un rafforzamento di uno strumento, creato dalle donne e per le donne, che ha rivoluzionato il modo di concepire l’approccio alla salute femminile.

“Chiediamo – si legge in una nota diffusa dalla Federazione Provinciale di Parma – finanziamenti adeguati per potenziare il servizio sia nel numero delle strutture che in quello delle professioniste assunte, oltre ad una formazione continua delle operatrici. Chiediamo inoltre percorsi che consentano l’accesso sicuro a tecnologie farmacologiche, tecniche e diagnostiche innovative che migliorino la salute delle donne. Infine un’indagine che metta a disposizione di cittadini e professionisti dati statistici aggiornati, necessari per strutturare un piano di miglioramento mirato.

Diversamente da quanto avvenuto in altre regioni in Emilia-Romagna, a distanza di cinquant’anni, l’esperienza dei consultori ha saputo rinnovarsi mantenendo la sua vocazione originaria ma nonostante questo il numero dei consultori non è ancora adeguato al numero di abitanti. Abbiamo ottenuto molto ma non abbastanza. Rivendichiamo una nuova prospettiva, un futuro in cui la cura delle persone, e della salute delle donne, torni ad essere un valore politico”

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Consultori, una bella storia che dura da cinquant’anni

 

Il 29 luglio del 1975 vengono formalmente istituiti i consultori: sarà una svolta epocale.

Si tratta di una novità assoluta in ambito sanitario sia per l’approccio multidisciplinare – diverse figure professionali collaborano tra loro – sia per la prospettiva psicosociale in cui la paziente viene messa al centro come persona e non solo come malata. Gli stessi principi ispireranno solo tre anni dopo la riforma del servizio sanitario nazionale e la legge Basaglia.

Le donne si impongono come soggetti, con la messa al centro delle loro riflessioni collettive e delle loro azioni politiche, che partono dalla conoscenza del proprio corpo. Una nuova fonte di ‘potere’ e genera una rottura con la medicina tradizionale, vista come oppressiva, paternalista e patriarcale.

I collettivi femministi mettono in crisi l’apparato medico come forma di controllo sociale, condividendo esperienze e conoscenze tra loro e rendendo questa condivisione il punto di partenza di un impegno politico, necessario per riappropriarsi della propria capacità di azione, del proprio corpo e della propria sessualità. In questo contesto nascono, a fianco di quelli istituzionali, anche i primi consultori autogestiti dalle donne e per le donne.

Negli anni Novanta la sanità pubblica si è progressivamente aziendalizzata. Le conseguenze di questo cambiamento sono state la mancanza strutturale di fondi, liste di attesa infinite e il peggioramento delle condizioni lavorative per operatrici e operatori sanitari. In sintesi una sostanziale riduzione del diritto alla salute.

Nella nuova ottica aziendalista è la paziente che si uniforma al servizio e non viceversa. La donna è oggi seguita da professionisti con competenze specifiche in un solo ambito. Viene così cancellata la visione complessiva che era alla base dell’organizzazione originaria dei consultori. La sanità oggi non produce più salute ma prestazioni.

I servizi offerti dai consultori riguardano, ancora oggi, l’ambito della prevenzione e non quello della cura cercando di preservare la salute e intervenendo prima che si sviluppino situazioni patologiche.

L’attività dei consultori prevede infatti: prevenzione e cura in ambito ginecologico e ostetrico, con visite ginecologiche; assistenza alla sterilità e colloqui preconcezionali; assistenza alla gravidanza, maternità e paternità/percorso nascita; interruzione volontaria di gravidanza; prevenzione; screening per la diagnosi precoce del tumore al collo dell’utero; sessualità e contraccezione di emergenza; consulenze psicologiche per il benessere psico-fisico relazionale.