di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Dopo l’accusa Usa di dumping e la minaccia di un dazio del 107% i pastifici italiani ricorrono alle vie legali. A rischio un export da 700 milioni di euro l’anno

La Molisana intende «proseguire l’iter legale così come intrapreso». Dopo la notizia dei nuovi dazi americani che, dal gennaio 2026, potrebbero colpire la pasta italiana con un’imposizione fino al 107%, si erano diffuse le voci che l’azienda di Campobasso fosse pronta ad aprire uno stabilimento in Usa, ma nel pomeriggio del 6 settembre è arrivata la smentita. L’amministratore delegato del pastificio, Giuseppe Ferro, ha infatti chiarito che non c’è alcuna volontà di aprire una succursale in America

Le vie legali

La Molisana si allinea così a quanto già dichiarato da Cosimo Rummo che ha scelto la via dello scontro legale con Washington. «È una follia», ha detto  il presidente e ad del pastificio di Benevento. «Il dumping è retroattivo di dodici mesi: ci chiedono di pagare anche per il 2025. Vendiamo 454 grammi di pasta a 4,5 euro, dov’è il sottocosto?». L’azienda ha già dato mandato ai propri avvocati negli Stati Uniti di impugnare la decisione. «Non si può applicare lo stesso margine a tutte le aziende», dice. «Aspettiamo che il governo e la Commissione europea ci sostengano, ma intanto reagiamo con i nostri legali».



















































La Molisana: «La nostra non è una fuga»

Il mercato statunitense vale circa 700 milioni di euro l’anno per i pastai italiani, su un totale di 8,7 miliardi di export globale. Per La Molisana, gli Stati Uniti rappresentano circa l’11% del fatturato: una quota troppo importante per rinunciarvi. Da qui, si era diffusa la notizia che l’azienda avesse scelto di investire negli Usa con un impianto di medie dimensioni per fornire il mercato nordamericano. «Non è una fuga», erano state le parole di Ferro riportata da tutti i media, «ma una scelta obbligata. Se non possiamo più esportare, produrremo sul posto». Una strategia di sopravvivenza che però ora l’azienda ha smentito.

Barilla: «Penalizzante per l’intero comparto»

La nuova parola d’ordine, dunque, tra i pastai italiani sembra essere: «fare fronte comune». Barilla, meno preoccupata dei concorrenti per gli effetti dei possibili nuovi dazi, perché da anni ha stabilimenti in America e dunque meno esposta al rischio, in una nota, ha definito la misura «penalizzante per l’intero comparto» e ha annunciato la presentazione di una memoria difensiva.

Un’indagine nata prima di Trump

La decisione americana affonda le radici in un’inchiesta avviata nel 2024, prima ancora che Trump tornasse alla Casa Bianca. Su segnalazione di alcuni produttori locali, il Dipartimento del Commercio statunitense aveva aperto un’indagine per presunto dumping contro 19 marchi italiani, tra cui la Molisana, Garofalo, Rummo e Barilla. Il dumping è la pratica di vendere un prodotto a un prezzo inferiore al suo valore di mercato, per danneggiare i concorrenti. È una misura tecnica, ma in questo caso è diventata un’arma politica. Gli ispettori americani hanno scelto due aziende «campione» — La Molisana e Garofalo — per un’analisi completa dei costi e dei prezzi di vendita. 

«Accuse senza alcun fondamento»

Nel rapporto preliminare pubblicato a settembre, il Dipartimento ha stabilito che le due società non sarebbero state «sufficientemente collaborative», applicando la regola degli adverse facts available, che consente di fissare un margine di dumping elevato se i dati forniti sono giudicati incompleti. Il risultato: un dazio del 91,74% che, sommato al 15% già in vigore sulle merci europee, porterebbe la tariffa totale al 106,74%. «Abbiamo fornito seicento pagine di documenti», ha spiegato Ferro, «e chiesto che venissero a verificare di persona. Nessuno è venuto. Nelle precedenti revisioni il dumping era zero, poi 1,6%. Ora ci accusano del 91, senza alcun fondamento». La decisione, in base alla normativa americana, si estende anche agli altri produttori italiani non analizzati direttamente, tra cui Rummo. Un colpo durissimo per l’intero comparto.

Diplomazia in campo

A Roma e Bruxelles la notizia ha fatto scattare il segnale d’allarme. «La Commissione Europea, in stretto coordinamento con il governo italiano, sta collaborando con gli Stati Uniti in questa indagine e interverrà se necessario. Per una comprensione di base: questa è un’indagine antidumping, pertanto esula dall’ambito della dichiarazione congiunta Ue-Usa», ha dichiarato il portavoce della Commissione europea, Olof Gill. Intanto, la Commissione europea, titolare della politica doganale, sta preparando una memoria ufficiale per contestare il metodo del Dipartimento del Commercio, giudicato «sproporzionato» e «non trasparente», mentre l’ambasciata italiana a Washington è al lavoro per ottenere una riduzione dei dazi e i ministri Antonio Tajani e Francesco Lollobrigida hanno ribadito il sostegno del governo alle aziende coinvolte
Le possibilità di un ripensamento immediato da parte dell’America appaiono ridotte. E’ vero che la procedura è ancora in fase preliminare, ma i precedenti dei dazi su acciaio, vino e formaggi non lasciano molte speranze.

I rischi di una crisi d’immagine

Intanto, Coldiretti parla di «una nuova mannaia sul vero Made in Italy». Il presidente regionale Claudio Papa avverte che «il dazio raddoppierà il costo di un piatto per le famiglie americane e aprirà un’autostrada alle imitazioni». Il rischio, aggiunge l’associazione, è che le copie Italian sounding — prodotti dal nome familiare ma di produzione locale — invadano il mercato, sostituendo la pasta autentica. Per il sistema italiano, la posta in gioco non è solo economica ma reputazionale. 
Secondo gli analisti, l’apertura di stabilimenti negli Usa segnerebbero una svolta strategica che potrebbe ridurre, nel medio periodo, il valore aggiunto creato in Italia. Se le produzioni più redditizie si sposteranno all’estero, l’impatto sarà percepibile soprattutto nei distretti del Sud, dove la pasta è ancora una filiera radicata nel territorio. Se i dazi resteranno in vigore, i produttori italiani rischiano di perdere una delle vetrine più importanti e di lungo corso del Made in Italy.

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6 ottobre 2025 ( modifica il 6 ottobre 2025 | 16:24)