di
Massimo Franco

La sconfitta di Tridico, staccato da Occhiuto di più di 16 punti, è l’insuccesso eclatante del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte: i limiti del Campo largo si sono riproposti in modo inesorabile e il declino del post grillismo è vistoso

È vero che, quando va alle urne solo il 43,1% dell’elettorato, non vince davvero nessuno. Ma la Calabria non è un’eccezione rispetto al resto d’Italia. E nelle pieghe della sconfitta bruciante delle sinistre e la vittoria del governatore uscente, Roberto Occhiuto di FI, che ha staccato l’avversario di più di 16 punti, c’è chi ha perso di più e chi meno. E l’insuccesso eclatante è quello del M5S di Giuseppe Conte, che ha imposto Pasquale Tridico, «padre» del reddito di cittadinanza ed europarlamentare. E pensare che due settimane fa, nelle Marche, il M5S aveva spiegato la sconfitta attribuendola alle candidature sbagliate. 

Se si fosse optato per una personalità scelta da Conte, si era detto, le cose sarebbero andate meglio. E invece, i limiti del cosiddetto Campo largo si sono riproposti in modo inesorabile; e il declino del post grillismo è vistoso. Il prodiano Arturo Parisi, inventore dell’Ulivo nel 1996, lo ha detto senza perifrasi: «Anche in Calabria per il campo largo il teorema “basta tenersi i nostri” non funziona». Non solo: se Tridico tornasse in Europa aggiungerebbe la beffa verso chi l’ha votato. L’unica consolazione, per le opposizioni, è che in Calabria la sconfitta era stata messa in preventivo, al contrario delle Marche; e che in Campania, Toscana e Puglia è probabile un riequilibrio a favore del patto Pd-M5S-Avs. 



















































Di certo, il «fattore Gaza» non ha influito sugli orientamenti. Le manifestazioni di piazza che a sinistra sono state organizzate anche con un occhio alle urne regionali, non hanno modificato le scelte di fondo. E, se lo avessero fatto, significherebbe che le percentuali reali dell’opposizione sono perfino più basse. Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, è l’ennesima smentita della spinta propulsiva dell’asse con Conte. Dà invece ossigeno a quei moderati del partito che la osteggiano da mesi, seppure in modo sterile. Ma è difficile che questo cambi la strategia, figlia dell’incapacità di elaborare uno schema diverso da quello della «testarda unità»: nonostante non riesca a fare breccia né nella partecipazione né nelle percentuali di voto. Per il governo è un altro esito rassicurante: se non altro perché indica la debolezza altrui, e di rimbalzo la sua forza. 

Intanto, l’avviso di garanzia a Occhiuto non ha influito. E questo è un segnale in vista del referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, che il governo ha in programma nel 2026. E, tra i vincitori, chi lo è più di altri è FI di Antonio Tajani. Ottiene il governatore e il primo posto nella coalizione, e aumenta le ambizioni. Gli alleati seguono con percentuali non esaltanti, ma velate dalla disfatta avversaria: al di là del 6,3% del M5S.

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6 ottobre 2025 ( modifica il 6 ottobre 2025 | 23:21)