«I partiti devono fare le loro liste, poi ci sono le liste civiche. Non mi pare una buona idea se uno si mette a fare le liste personali. Si crea un po’ di confusione nell’elettorato». Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, in conferenza stampa nella sede di Forza Italia, entrando a gamba tesa sull’ipotesi, al centro del dibattito in questi giorni, di una lista Zaia alle prossime elezioni regionali in Veneto, la cui data non è ancora stata fissata. La decisione spetterebbe allo stesso ormai ex presidente che dopo aver visto sfumare la possibilità di un quarto mandato, continua ad essere più che mai scomodo. La stessa Lega, se permettesse la formazione di una lista Zaia, rischia un ulteriore indebolimento (i segnali delle ultime tornate elettorali) e di vedersi superare da Fratelli d’Italia. Più probabile immaginare Zaia capolista della stessa Lega a sostegno del candidato (sempre più probabile toccherà al segretario regionale Alberto Stefani).

«Non ho mai avuto la percezione che Luca Zaia potesse porsi al di fuori del centrodestra, anzi Luca Zaia e’ un patrimonio del centro destra e’ un grandissimo ‘bomber’, lo ha dimostrato durate tutto il percorso politico non credo che esista una possibilità secondo la quale Zaia sia fuori dal centro destra». Così ha detto Luca De Carlo di FdI, ospite al programma Stat di SkyTg24. «Che faccia una sua lista e’ un problema della Lega. Credo che come la Lega decida di raccogliere il proprio consenso e’ una cosa che non spetta a Fratelli d’Italia e nemmeno alla coalizione, ognuno si da’ l’assetto che crede».

In questo contesto di incertezza nel fronte avverso, il centrosinistra affila le armi. «Ormai neanche cercano più di nasconderlo: il candidato presidente del Veneto lo sceglieranno a Roma. Non i cittadini, non i territori, ma i leader nazionali nei palazzi della capitale. È la resa definitiva del centrodestra veneto alla logica della spartizione e del centralismo di partito». Così il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Pd del Veneto, commenta la linea dei vertici del centrodestra. «È una beffa clamorosa da parte di forze che per anni hanno sbandierato il vessillo dell’autonomia. Ma dopo otto anni dal referendum, tre di governo Meloni e 15 anni di presidenza Zaia, dell’autonomia promessa non c’è traccia. E ora ci dicono che perfino il candidato alla guida della Regione dovrà essere deciso dalle segreterie romane. Altro che potere ai territori». Dunque, «la differenza con il nostro percorso- prosegue Martella- non potrebbe essere più evidente. Noi abbiamo fatto la scelta opposta: costruzione di una coalizione larga e alternativa, confronto con i cittadini sulle priorità, definizione condivisa di un programma, scelta del miglior candidato per rappresentarlo. È stato un cammino serio, lungo, trasparente». In campo per il centrosinistra c’è Giovanni Manildo, «figura competente e appassionata, un ex amministratore credibile, radicato nel territorio, con una visione chiara per il futuro del Veneto. La nostra- conclude il segretario del Pd Veneto- è la coalizione più ampia che il centrosinistra abbia espresso in Veneto da molti anni a questa parte. Ed è stata costruita qui, con le forze politiche e civiche venete, non calata dall’alto da Roma. Il centrodestra, dopo trent’anni al governo della Regione, è stanco, diviso e senza idee. Noi siamo pronti a voltare pagina».

Ieri, domenica 27 luglio, lo stesso Manildo ha trascorso la giornata a Tonezza del Cimone “con due grandi protagonisti del teatro Veneto come Mirko Artuso e Marco Paolini che, insieme al professor Mauro Varotto dell’Università di Padova e mio commilitone negli Alpini” ha scritto sui social “ci hanno ricordato come la montagna sia un luogo magico da tutelare e da vivere garantendo il rispetto dell’ambiente e la presenza di servizi essenziali a evitare lo spopolamento. Un equilibrio certamente non semplice da costruire insieme. Anche da qui dobbiamo Creare Futuro”.

Manildo in montagna