di
Adriano Panatta
Nicola Pietrangeli, cui voglio davvero molto bene, recrimina sempre di essere nato troppo presto perché con il tennis di oggi avrebbe fatto soldi a palate. Ma io mi sarei divertito molto meno
C’è un problema di fragilità nel tennis? Direi proprio di sì. Ma riguarda tutti, non solo Sinner, e non è un problema fisico. Piuttosto, dell’intero sistema. Fateci caso, in una stagione straordinaria come lo sono tutte quelle in cui si vincono due tornei del Grand Slam, e uno dei due è il più antico e celebrato del nostro sport, Wimbledon, Jannik ha perso due occasioni che hanno finito per deludere le proprie ambizioni e obbligarlo a compiere scelte diverse. La prima a Cincinnati, l’altra a Shanghai. Due tornei giocati in condizioni estreme, quasi fossero prove di sopravvivenza. Finiti con due ritiri evitabili, e dolorosi.
Dite, ma non dovrebbero essere i tornei a garantire la salute dei giocatori? Non capitava spesso ai miei tempi di dover affrontare tornei impossibili, ne ricordo appena uno a Forest Hills, forse era il ‘74 o il ‘75, Billie Jean King giocava ancora… Ma allora era più facile girare i tacchi e andarsene, mandando a quel paese chi di dovere. Oggi magari è meno facile, non lo so, ma si può dire no preventivamente. Alcaraz l’ha fatto prima di Shanghai. Bella mossa Carletto, poco da dire. Hai visto giusto, Sinner ha giocato a Pechino, poi a Shanghai. Ora è atteso dai milioni di Riad, poi Vienna, l’indoor a Parigi, le Finals e la Davis. Tutto in un mese e mezzo. Mi chiedo, ma è proprio necessario questo tour de force? C’era proprio bisogno di andare a Pechino? Conosco la replica: i punti, la classifica, il numero uno… E chissenefrega di tutto questo non ce lo mettete?
I giocatori più forti, oggi, hanno la fortuna di poter programmare la stagione solo sui tornei del Grand Slam e sui Masters 1000. Vero è che Sinner ha avuto una stagione corta per via della stupida squalifica doping, ma il discorso di fondo non cambia. Tanto più che i Masters sono diventati tutti o quasi di due settimane, e obbligano a periodi di lavoro sempre più lunghi. Poi, il numero uno. E vabbè… Se non vi sono contratti particolari con gli sponsor, non vedo perché corrergli dietro. Primo e secondo hanno gli stessi vantaggi. Se il podio più alto deve arrivare, può farlo per vie naturali, inutile giocare tornei in più. Anche perché le condizioni di stress non sembrano interessare granché gli organizzatori. L’unico torneo che ha preparato un regolamento riguardante il caldo e l’umidità è lo Slam australiano. Oltre certi limiti non si va, suona l’allarme, e tutti nello spogliatoio.
Avrebbero dovuto farlo anche Cincinnati e Shanghai. Ci sono tanti modi, chiusura del tetto, aria condizionata, ombrelloni sulle sedie dei cambi campo, refrigerazione, fermare i match…Niente è stato fatto e l’Atp sta zitta. Ma chi è che deve chiedere agli organizzatori condizioni di gioco migliori? Nicola Pietrangeli, cui voglio davvero molto bene, recrimina sempre di essere nato troppo presto perché con il tennis di oggi avrebbe fatto soldi a palate. Sa già come la penso, ma gli rispondo una volta di più, indirettamente… Sono felice di essere nato «troppo presto», perché in un tennis così non mi sarei divertito neanche un po’.
7 ottobre 2025
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