Una parola semplice, forse la più spontanea, detta 20 anni fa nel Nord del Camerun, ha dato vita a una delle esperienze più significative della cooperazione internazionale italiana. “Cumse” significa “grazie” in lingua ghiziga e fu pronunciata da una donna che aveva appena superato un parto molto difficile, rivolgendosi a Roberto Stigliano, medico chirurgo che già da tempo operava in Africa.
Quel semplice grazie condensava tutta la gratitudine, la speranza e la fiducia di una vita salvata e quel momento ha acceso un fuoco che ancora oggi illumina il lavoro della Fondazione.
Intorno a quella parola carica di riconoscenza si sono raccolti subito molti volontari, dando vita nel 2000 a quella che oggi è diventata molto più di una semplice Organizzazione Non Governativa. Era l’inizio di una comunità globale di persone pronte a tendere la mano, a condividere competenze e cuore, tra villaggi africani e città italiane.
Se l’impegno della Fondazione Cumse ha continuato a crescere nel continente africano, parallelamente si è sviluppata un’azione capillare e tempestiva sul territorio italiano, soprattutto quando emergono situazioni di emergenza, per rispondere con efficacia a tutti i bisogni emergenti.
Promozione sanitaria attraverso uno sviluppo sostenibile
Il progetto iniziale di cooperazione socio-sanitaria si è evoluto nel tempo in un organismo complesso che abbraccia molteplici ambiti di intervento. “La costruzione e la gestione di ospedali rappresenta ancora il cuore pulsante dell’organizzazione, ma oggi l’approccio si è ampliato”, racconta Stefano Chicoli, Segretario Generale e Responsabile Comunicazione della Fondazione Cumse: “non interveniamo solo con cure mediche, ma costruiamo speranza, formazione, opportunità di vita”.
Si va dalla costruzione di pozzi per fornire acqua potabile alla produzione di farmaci, dal sostegno a distanza, fino alla promozione della cultura e dell’arte africana. Ogni gesto, ogni progetto, è un tassello di un mosaico che dà dignità, futuro e autonomia alle comunità.
Roberto Stigliano con la preziosa moringa
A tale proposito è particolarmente significativo il progetto Arbre de Vie, che cerca di sviluppare la coltivazione, l’allevamento tradizionale, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agro pastorali: fra questi ha un ruolo centrale la moringa, nel villaggio di Marza, nella regione centrale del Camerun.
La moringa, definita l’albero miracoloso, è una pianta ricca di proteine, vitamine e sali minerali, che viene utilizzata per la produzione della “Pappa Cumse”, un alimento proteico formulato in collaborazione con l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, destinato ai bambini malnutriti presso l’ospedale pediatrico di Moutourwa. “Ogni cucchiaio della Pappa Cumse porta con sé il lavoro, gli studi, l’amore e la cura di medici, donne e volontari”, riprende Roberto Stigliano, “non solo per salvare vite ma per costruire fiducia nell’uomo e nel futuro”.
Un aspetto che colpisce riguarda il fatto che “la moringa cresce dove c’è la massima concentrazione di malnutrizione”, sottolinea Chicoli: “questo rappresenta un’opportunità straordinaria per creare un modello di business sostenibile che vada oltre la semplice beneficenza.”
La volontà è proprio quella di creare un sistema integrato, dove le donne locali possano diventare protagoniste di un’economia circolare, producendo un prodotto di alta qualità che possa essere commercializzato anche in Europa.
L’azione in Italia per rispondere alle nuove povertà
La prontezza con cui la Fondazione si attiva di fronte a situazioni critiche rappresenta uno dei suoi tratti distintivi: è dunque avvenuto quasi naturalmente che i volontari fossero in prima linea anche per rispondere alle emergenze nel nostro stesso territorio. Grazie a una rete capillare e a una struttura organizzativa flessibile ed efficiente, ogni intervento è una storia di vicinanza, di mani tese e di occhi che si incontrano con compassione.
“Dove è possibile interveniamo direttamente”, riprende Stefano, “altrimenti ci attiviamo con delle raccolte fondi: abbiamo fatto così per l’alluvione in Emilia, oppure per riuscire a fornire 4 elettrocardiografi all’ospedale Bassini”.
Il 2020 ha segnato un punto di svolta per Cumse con il lancio del progetto SaNP – Sostegno alle Nuove Povertà“, nato dalla consapevolezza che la pandemia aveva drammaticamente aggravato la situazione sociale italiana. “Dopo il Covid abbiamo visto ulteriori richieste”, confermati da dati Istat da cui emerge che l’incidenza della povertà assoluta è passata dal 3,3% del 2005 al 9,4% del 2020, con oltre 5,6 milioni di persone coinvolte.
Il progetto SaNP è un abbraccio collettivo verso chi si sente invisibile, un segno tangibile che non si è soli di fronte alle difficoltà: perciò si articola in diverse iniziative che dimostrano la capacità di Cumse di adattarsi rapidamente ai bisogni emergenti. Prima il Pane è stato realizzato in collaborazione con il Banco Alimentare e il Comune di Cinisello Balsamo, per raccogliere le eccedenze alimentari e contrastare il vergognoso fenomeno del buttare cibo ancora commestibile.
Charity Street rappresenta la progettualità che più si è evoluta, trasformandosi in un’unità di strada che opera nelle zone più critiche di Milano, dalla Stazione Centrale a Lambrate, in collaborazione con il Comune di Milano e il centro Sammartini.
Questa esperienza, iniziata con i soli componenti dell’ufficio, è oggi attiva quotidianamente e la dedizione, la qualità, la passione applicata agli interventi, hanno portato al riconoscimento della Fondazione Cumse come referente responsabile dell’area Nord di Milano.
Gli Empori Caritas e 4 Ruote Amiche completano un quadro di interventi che testimoniano la filosofia operativa della Fondazione: non avere “un focus operativo” specifico, ma rispondere alle chiamate e ai bisogni emergenti con tempestività e competenza. Come sottolinea Chicoli, la Fondazione “ha un’alta capacità organizzativa ma è un po’ come una Ferrari senza benzina (ovvero senza capitale)”, evidenziando la sfida costante della raccolta fondi in un contesto dove cresce la fatica nel sensibilizzare i donatori. “la vera difficoltà non è negli interventi ma nel far comprendere che ogni gesto dei donatori si trasforma concretamente in mani, carezze e vicinanza concreta a chi ha bisogno”.
Aiuto notturno presso la Stazione Centrale di Milano
Una visione che va oltre i confini
Quello che da sempre rende Fondazione Cumse un attore significativo nel panorama della cooperazione internazionale è la sua capacità di non portare tanto un aiuto dall’esterno, ma di costruire relazioni che durano nel tempo e che permettono uno scambio reciproco di conoscenze ed esperienze.
La presenza di volontari italiani, che collaborano fianco a fianco con le comunità locali anche a distanza, crea un vero e proprio ponte umano che va oltre il semplice supporto tecnico o finanziario, traducendosi in risultati concreti: che non mirano tanto all’assistenzialismo, ma a promuovere l’autodeterminazione e la futura indipendenza delle comunità stesse.
“I volontari sono il nostro motore, sono la manifestazione tangibile della volontà dell’uomo di fare del bene al prossimo”, conclude Stefano Chicoli: “avere uno sguardo positivo rivolto chi è intorno a noi porta al superamento delle barriere create da una visione della vita meramente utilitaristica”.
La Fondazione Cumse è una delle 252 ONG iscritte all’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) e dopo oltre 25 anni di attività continua ad adattarsi alle nuove sfide del nostro tempo: mantenendo viva quella dimensione umana che l’ha caratterizzata fin dall’inizio, quando tutto nacque da un semplice “grazie”. Un piccolo seme che continua a germogliare e a crescere, trasformando le vite di chi dona e di chi riceve.
Nella foto di copertina il dottor Roberto Stigliano con suor Myriam