Negli ultimi tempi alcune più famiglie ci segnalano una prassi amministrativa inattesa: l’avvio di un accertamento di residenza da parte della Polizia Locale, innescato da una segnalazione di mancato recapito di una comunicazione dell’Azienda Sanitaria Locale (ULSS, ASL o analoghe) riguardo la questione vaccinale.
Questa situazione, apparentemente banale – il mancato ritiro di una raccomandata – si trasforma repentinamente nell’arrivo di Polizia Locale. Molti si chiedono: è lecito? E soprattutto, qual è il vero scopo di questa pressione?
La legge e la nuova intensità dei controlli
È vero che, formalmente, la procedura è legittima. La legge (in particolare il D.P.R. n. 223/1989) attribuisce all’Ufficiale d’Anagrafe il dovere di vigilare sull’effettiva dimora abituale dei cittadini. La legge permette loro di interpellare qualsiasi ente pubblico, inclusa l’Azienda Sanitaria Locale, per verificare l’esattezza dei dati. Dunque, la segnalazione in sé e l’avvio del controllo sono tecnicamente previsti dall’ordinamento.
Ma quello che oggi notiamo con preoccupazione è il cambio di intensità e di approccio.
Fino a poco tempo fa questi accertamenti d’ufficio erano rari e quasi sempre innescati da questioni interne al Comune o da segnalazioni molto circostanziate. Oggi, invece, sembra che il semplice “disallineamento” di un dato o un mancato ritiro burocratico sia sufficiente per far scattare un’indagine sulla vita privata delle famiglie e questo ricade in maniera ancor più pressante in funzione del fatto che sulla convocazione della Polizia Locale non c’è mai descritto il motivo di tale missiva, lasciando spesso le famiglie in balia di pensieri assurdi.
L’allarmismo come strumento di pressione
Questo inedito attivismo delle Azienda Sanitaria Locale (ULSS, ASL o analoghe) nel ruolo di “sentinelle” dell’Anagrafe, e la conseguente “visita a domicilio” della Polizia, non è solo una dimostrazione di maggiore efficienza amministrativa. È un segnale inequivocabile di una volontà di alzare la tensione e di indurre un senso di paura e soggezione nella popolazione. Quando si utilizza un organo di controllo (la Polizia Locale) per un banale accertamento burocratico innescato da un ente che eroga servizi (la Sanità), si sta esercitando una pressione indiretta. Si vuole trasmettere il messaggio che ogni discrepanza, ogni tentativo di distanziarsi o di non cooperare pienamente con le amministrazioni sanitarie, comporterà immediatamente una verifica intrusiva sulla propria vita domestica.
Come reagire a un atto che mira a spaventare
Come abbiamo visto di per sé l’accertamento è del tutto lecito – se pur raro e anomalo – pertanto il nostro consiglio rimane quello di mantenere la calma, essere cooperativi ma di essere fermi nella difesa dei propri diritti.
La Polizia Locale agisce per conto del Comune e si deve attenere unicamente allo scopo per cui è stata interpellata, un accertamento di residenza. Va ricordato che anche se il motivo scatenante è stata una segnalazione dell’Azienda Sanitaria Locale per una raccomandata riguardante questioni sanitarie, i vaccini, nulla c’entra con lo stato vaccinale vostro o dei vostri figli e nulla in questo ambito può essere chiesto alle famiglie.
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Collaborazione consapevole: se ricevete un accertamento, collaborate con la Polizia Locale, ma fatelo con la piena consapevolezza che non siete dei trasgressori. La vostra unica responsabilità è risiedere effettivamente dove avete dichiarato e qualsiasi domanda che esula a questo o, peggio, che entra nella sfera dei dati sanitari dei nostri figli, è da ritenersi non solo illecita, ma da stigmatizzare con la dovuta fermezza .
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Difendere la dimora: se vivete dove avete dichiarato, non avete nulla da temere. Documenti (utenze, contratti, ecc.) sono la prova della vostra dimora abituale.
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Il Diritto di replica: ricordate sempre che, in caso di esito negativo, la legge vi garantisce il preavviso di cancellazione, dandovi il tempo di produrre memorie e difese ma questo lo diciamo come nota a margine, noi non ci occupiamo di questo tipo di iniziative che esulano completamente la questione vaccinale.
Se pur per ora limitata a livello territoriale, come Associazione Corvelva vediamo in questa escalation un tentativo di standardizzare la paura come meccanismo di obbedienza. È l’ennesima riprova che, in un sistema sempre più interconnesso, la resistenza consapevole e la conoscenza dei propri diritti amministrativi sono l’unico vero baluardo contro un controllo sempre più pervasivo. Non lasciamoci intimidire da questa “sorveglianza incrociata” dei dati.
Ricordiamo a tutti che questo è uno dei vari esempi che dimostra l’importanza di avere intrapreso un iter di Obiezione con l’ASL.
Corvelva Staff