di
Margherita De Bac

Orazio Schillaci: «2,5 miliardi oltre ai 4 già previsti. I medici non sono diminuiti numericamente, ma restano sguarnite alcune specialità»

«La sanità sarà protagonista di questa legge di bilancio. Ai 4 miliardi già previsti lo scorso anno per il 2026 se ne aggiungeranno altri 2,2-2,5 miliardi per rendere più adeguato il fondo sanitario nazionale», mette a fuoco gli impegni del governo per la prossima finanziaria il ministro della Salute, Orazio Schillaci. Al ministro dell’Economia, il collega Giancarlo Giorgetti, è sulla stessa lunghezza d’onda. 

A che punto siete?
«La trattativa è in corso. Su un punto siamo tutti d’accordo. I soldi serviranno per far fronte alla carenza di personale quindi per assumere medici e infermieri. La popolazione invecchia e così aumentano i bisogni. La pressione sugli operatori va alleggerita».



















































Fra medici e infermieri chi ha più urgenza di rinforzi?
«Rispetto al pre-pandemia i medici non sono diminuiti numericamente. Restano sguarnite alcune specialità. Il numero degli infermieri invece è tra i più bassi dei Paesi Ocse rispetto alla popolazione».

Assumerete infermieri indiani come lei aveva annunciato?
«Il progetto è in piedi perché potenzialmente efficace visto che potremmo attingere da una disponibilità di circa 3 milioni di infermieri. Stiamo però vagliando altre soluzioni. In Lombardia hanno preso gli argentini, altri si sono rivolti a Paraguay, Albania e Indonesia. Il problema è trovare professionisti con titoli adeguati ai nostri. Sarà una soluzione tampone».

Gli iscritti agli ultimi test di ammissione ai corsi di formazione allarmano: 19 mila candidati per 20 mila posti…
«Con paghe migliori, la professione diventerà attrattiva anche grazie all’istituzione di tre nuovi percorsi specialistici che qualificano la categoria. Gli stipendi verranno aumentati già con i fondi della prossima finanziaria: indennità di specificità più alte, meno vincoli al rapporto di esclusività. Una norma prevista già nel “decreto Bollette” del 2023 ma ancora non bene applicata. Sarebbe giusto lasciarli liberi di dedicarsi all’attività fuori servizio, dopo 38 ore di lavoro settimanali».

E i medici?
«Anche per loro interventi su indennità oltre alla defiscalizzazione. Sono molto ottimista sugli effetti della riforma sulla responsabilità professionale varata dal Consiglio dei ministri, un provvedimento a vantaggio dei cittadini che inciderà in maniera positiva sulla cosiddetta medicina difensiva e quindi sulle liste d’attesa».

Aveva promesso attenzione alla salute mentale.
«Circa 80 milioni serviranno per finanziare il nuovo piano, ora all’esame della Conferenza Stato-Regioni. Dopo 13 anni si dà linfa a un settore dimenticato. Una cifra importante andrà alla prevenzione, in particolare per i programmi di screening. Arrivano poi nuovi fondi per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, gli IRCCS, e per gli istituti zooprofilattici».

Il sindacato dei medici di famiglia Snami è convinto che l’inserimento nelle case di comunità mortificherà la loro figura e non servirà a decongestionare liste di attesa e pronto soccorso.

«I cambiamenti non piacciono mai. Il modello della medicina di base però va riformato. Nella legge delega sulle professioni sanitarie è prevista la creazione di una scuola di specializzazione che sostituirà gli attuali corsi regionali. Entrando nelle case di comunità i medici verranno valorizzati di più perché lavoreranno in un team multidisciplinare e sono convinto che non perderanno il rapporto con i propri pazienti».

È tramontato il progetto della dipendenza?
«A me non interessa che tipo di rapporto avranno col servizio sanitario, se convenzione o dipendenza. A me interessa che lavorino un certo numero di ore nelle Case di comunità».

Qual è stata per lei la fase più difficile in 3 anni di governo Meloni?
«I primi 3 mesi di governo, quando mi sono trovato di fronte ai 2 milioni di screening saltati durante la pandemia. Ho capito che il problema della sanità non è solo finanziario. C’è bisogno di un cambiamento».

L’atteggiamento «no vax» dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti condizionerà l’adesione degli italiani ai vaccini contro l’influenza?

«La stanchezza vaccinale è un problema sempre esistito. Da medico sono molto preoccupato perché la protezione dei soggetti fragili deve essere la prima delle nostre priorità. I più deboli per età e malattie vanno protetti. Nel 2024, oltre il 75% dei pazienti gravi per complicanze dell’influenza ricoverati in terapia intensiva non era vaccinato. Spero che la gente rifletta. Anche quest’anno lanceremo la campagna per raccomandare la vaccinazione antinfluenzale e sensibilizzare chi è più esposto».


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7 ottobre 2025