Congedo mestruale per endometriosi e adenomiosi: non è utopia ma realtà in Portogallo. Con una legge che riconosce l’endometriosi e l’adenomiosi come patologie croniche, il Paese garantisce alle lavoratrici e alle studentesse che soffrono di dolori mestruali gravi e invalidanti il diritto a tre giorni di assenza giustificata al mese. Senza penalizzazioni economiche o accademiche
Parlare di mestruazioni liberamente è il primo passo per abbattere il tabù che opprime i corpi delle donne. E, promuovere l’inserimento nella legislazione lavorativa del congedo mestruale, aiuterebbe: in diversi Paesi, tra cui il Portogallo più recentemente, si tratta di una realtà consolidata. Mentre in Italia la discussione sul tema è neonata e ancora in corso. L’ultima spinta che arriva dal Portogallo dimostra che i tempi sono ben maturi per andare avanti.
Cosa prevede il congedo mestruale in Portogallo
La legge sul congedo mestruale in Portogallo è frutto di una proposta presentata dal Bloco de Esquerda e approvata con il sostegno della maggior parte delle forze politiche, ad eccezione di Psd e Cds, contrari a uno degli emendamenti collegati.
L’entrata in vigore della legge è un traguardo importante che, come ha sottolineato la Presidenza della Repubblica in una nota, riconosce le specificità cliniche e sociali di patologie spesso invisibili e trascurate
Oggi, chi in Portogallo soffre di endometriosi o adenomiosi e convive con dolori mestruali invalidanti, ha diritto fino a tre giorni di congedo retribuito al mese, senza dover presentare ogni volta un certificato medico: basta una diagnosi clinica. Non sono previste decurtazioni dello stipendio, né penalizzazioni scolastiche o lavorative. Nel suo riconoscere un dolore reale e troppo spesso taciuto la legge n.32/2025 è storica: segna un passo fondamentale verso una società che fa luce sul dolore mestruale abbattendo lo stereotipo sessista per cui le donne debbano “sopportare in silenzio”.
La salute delle donne è salute pubblica: il testo, infatti, prevede che il Servizio sanitario nazionale assicuri l’accesso a diagnosi, terapie e consulti specialistici, con l’adozione entro 90 giorni di linee guida cliniche specifiche
È stato introdotto anche un sistema di rimborso per i farmaci prescritti da medici del servizio pubblico e, per le pazienti con indicazione clinica, la possibilità di accedere alla crioconservazione degli ovociti.
Anche la Spagna prevede il congedo mestruale
La Spagna, sul congedo mestruale, si è mossa per prima: nel 2023 ha introdotto un congedo mestruale retribuito per le lavoratrici con dolori invalidanti, primo caso nell’Unione europea. Si tratta di una norma che prevede un congedo di tre giorni, previo certificato medico, per chi manifesta dolori intensi legati al periodo mestruale.
A giugno 2024, dopo poco più di un anno dalla legge, secondo i dati del ministero dell’Inclusione spagnolo, il permesso è stato poco utilizzato: i motivi – secondo medici, associazioni e donne intervistate – dipendono sia dalla struttura della legge (che consente il congedo mestruale solo a chi ha patologie specifiche come l’endometriosi, mentre molte donne soffrono di dismenorrea – dolori mestruali intensi – senza una diagnosi formale) sia dal timore di molte donne di subire discriminazioni nel caso in cui chiedessero effettivamente il congedo.
Il lavoro da portare avanti è legislativo e culturale insieme. Oltre Spagna e Portogallo, sono poche e isolate le iniziative virtuose in Europa.
Buoni esempi provengono invece da Giappone, Indonesia, Corea del Sud e Taiwan, che già dalla fine degli Anni ‘40 – 1947 per il Giappone, ’48 per l’Indonesia – hanno introdotto un’apposita legge. Serve tempo e sinergia, tra istituzioni politiche e culturali, per scardinare lo stereotipo così consolidato dalla cultura patriarcale: quello che impone alle donne di dimostrare costantemente la propria resistenza e dunque le ostacola nella richiesta del congedo.
Qual è la situazione in Italia
In Italia, il congedo mestruale non è attualmente riconosciuto come un diritto lavorativo a livello nazionale.
Eppure, secondo la rilevazione WeWorld-Ipsos sulla povertà mestruale in Italia, il 32% del campione prova dolore durante ogni ciclo
Il vuoto normativo esiste ed è profondo. Non sono riuscite a colmarlo le proposte di legge del 2016 e del 2023 a riguardo. Il disegno più recente proponeva un congedo mestruale scolastico – fino a due giorni al mese per studentesse dismenorreiche, con certificato medico – e lavorativo, sempre con certificato medico, fino a due giorni mensili, con un’indennità che coprisse il 100% della retribuzione giornaliera. Giorni da aggiungere alle altre cause di assenza giustificata da lavoro: dunque non si sarebbero sovrapposti ai permessi per malattia, né dal punto di vista contributivo né da quello retributivo.
Il report sulla giustizia mestruale – elaborato da WeWorld e School of Gender Economics dell’Università UnitelmaSapienza – ha formulato una proiezione sul costo di una misura simile a quella spagnola in Italia: considerato che, come già evidenziato, nel nostro Paese il 32% delle donne che ha il ciclo prova forti dolori, e che perde in media cinque o sei giorni di lavoro annui a causa del dolore, in base alle stime del rapporto, se lo stato coprisse solamente la parte contributiva di questa percentuale sociale, la quota di spesa pubblica da destinare ammonterebbe a circa 228 milioni di euro.
Invece l’iniziativa sul congedo mestruale rimane in capo alla “volontà individuale” di enti e istituzioni: con una decisione ufficialmente approvata lo scorso 3 luglio, un liceo a Potenza apre la strada al congedo mestruale prevedendo due giorni di assenza giustificata. A partire dall’anno scolastico 2025/2026, il Liceo artistico “Walter Gropius” diventerà il primo istituto in Basilicata a introdurre il congedo mestruale per le studentesse. Un cambiamento importante che dovrebbe essere tutelato per legge. Come sta già accadendo in altri Paesi.