di
Stefano Montefiori
Le Pen e Mélenchon chiedono elezioni in Francia
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – «Non lo capisco più», dice più allibito che rattristato Gabriel Attal, ultimo premier della fase in cui Macron e il macronismo sembravano ancora reggere, prima dello scioglimento dell’Assemblea nazionale il 9 giugno 2024. Da allora le cose non si sono mai più aggiustate, e nelle parole di Attal c’è tutta l’amarezza per la fine di un’avventura collettiva: l’ex premier ora guida il partito Renaissance e i deputati macronisti, molti dei quali destinati a essere spazzati via nelle prossime, forse inevitabili, elezioni anticipate.
Non è solamente Attal a non capire più Macron, ieri colto dalle telecamere mentre passeggiava da solo all’Ile de la Cité. Un’immagine rubata che sembra corrispondere alla condizione umana del presidente negli ultimi mesi: magari brillante all’estero, protagonista di iniziative diplomatiche qualche volta di successo, per esempio sulla Palestina, ma in patria sconsolato e isolato, sconnesso dall’umore del Paese e, a detta di chi lo frequenta, più provato dagli eventi di quanto non faccia vedere.
Come Attal, molti che hanno creduto in Macron non lo capiscono più: non capiscono perché abbia sciolto l’Assemblea all’improvviso, perché abbia nominato premier un vecchio signore come Barnier, e poi un altro vecchio signore come Bayrou, e poi il giovane Lecornu che aveva però quel difetto insormontabile, essere l’ultimo dei fedelissimi macronisti quando ormai tutto ciò che è associato a Macron è inviso ai cittadini e a quasi tutta la classe politica. E poi, ancora, anche chi ha amato Macron non capisce come abbia potuto avallare una lista dei ministri di Lecornu praticamente uguale a quella di Bayrou bocciata a settembre, con l’unica novità del ripescaggio a Losanna, dove faceva e tornerà a fare il professore, di Bruno le Maire, che per sette anni è stato ministro delle Finanze, proprio quelle Finanze che sono un disastro, il problema più urgente e grave da risolvere.
Persino l’ex primo ministro Edouard Philippe, che fu pupillo di Macron, ha invitato il presidente a gettare la spugna. «Non sono per delle dimissioni immediate e brutali – ha specificato Philippe – ma il presidente deve prendere l’iniziativa. Secondo l’ex capo dell’esecutivo «Macron dovrebbe annunciare che organizzerà elezioni presidenziali anticipate subito dopo l’approvazione della legge di bilancio permettendo una campagna elettorale ordinata».
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Fino al cinema di ieri, con Macron che accetta le dimissioni di Lecornu e poi, tolto di mezzo Le Maire, richiama il premier per chiedergli gli «ultimi tentativi». Se persino gli amici non capiscono più Macron, figurarsi i nemici. «Basta con questa farsa, bisogna andare alle urne subito», dice Marine Le Pen, che aggiunge: «Macron ha solo due opzioni. O si dimette o scioglie di nuovo l’Assemblea, i francesi ne hanno abbastanza di questo circo».
Alla sinistra radicale, Jean-Luc Mélenchon prima definisce «un corteo di zombie» i ministri scelti da Lecornu poi pretende che Macron — «l’origine del caos» — se ne vada subito, e rilancia una mozione di destituzione del presidente che verrà esaminata in parlamento mercoledì.
Poche possibilità che passi, ma i continui appelli di Mélenchon alla destituzione pongono il tema sul tavolo della discussione, tanto che persino il gollista David Lisnard chiede a Macron di cominciare a riflettere sulle sue «dimissioni programmate».
I socialisti invece cercano di giocare un’altra partita, e il segretario Olivier Faure chiede non le urne ma la nomina di un governo di sinistra che comprenda anche ecologisti e comunisti, ma senza la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Resta da capire come un simile governo potrebbe sopravvivere alle mozioni di censura già annunciate da tutti gli altri partiti.
Se Lecornu non riuscirà a fare in 48 ore quello che non gli è riuscito in 27 giorni, cioè trovare un accordo politico solido, Macron «prenderà le sue responsabilità», assicura l’Eliseo. Più che dimettersi, potrebbe indire nuove elezioni anticipate per l’Assemblea. Un’avanzata dei lepenisti in qual caso è probabile, ma forse non sufficiente a conquistare la maggioranza assoluta, e nessun’altra maggioranza sembra in vista. Il blocco politico, che la Francia non potrebbe permettersi, rischia di durare a lungo. Lecornu, a cui il
presidente Macron ha dato 48 ore di tempo per trovare una soluzione
alla crisi politica che attraversa il Paese, ha convocato «ciascuna delle forze politiche» a Matignon tra oggi pomeriggio e domani mattina.
Intanto, il leader dei Republicains Bruno Retailleau ha dichiarato di non escludere il ritorno del suo partito nel governo, a condizione che si tratti di una «coabitazione» con i macroniani e che LR «non venga diluito» nello schieramento presidenziale. I Republicains, ha affermato a CNews, sono pronti «a governare a una condizione: che sia un governo che definirei di coabitazione» con i macroniani. Retailleau ha descritto la squadra di governo, presentata domenica da Lecornu, come il riflesso di «un’iper-presidenza» di Macron.
7 ottobre 2025 ( modifica il 7 ottobre 2025 | 17:36)
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