voto
7.5

  • Band:
    VILE APPARITION
  • Durata: 00:34:27
  • Disponibile dal: 10/10/2025
  • Etichetta:
  • Me Saco Un Ojo Records

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“Malignity” è il secondo album dei Vile Apparition, band dedita a un viscerale death metal di matrice newyorchese. Il quartetto, attivo dal 2017, non viene però dalla Grande Mela, ma da Melbourne in Australia ed è al momento sotto contratto con l’etichetta discografica inglese Me Saco Un Ojo Records.

La formula che sta alla base di “Malignity” è una ventata di aria fresca per i nostalgici del genere, perché poggia le sue fondamenta nella tradizione e nella ricerca di una brutalità chirurgica e di grande impatto: ciò significa un cosiddetto ‘brutal’ death metal radicato nella prima metà degli anni Novanta, duro e senza contaminazioni contemporanee.
Qui si guarda al sodo, scommettendo forte sulla pesantezza e su un bagaglio tecnico di tutto rispetto, sotto ogni punto di vista.
Di pregevole fattura la produzione, che riporta l’ascoltatore indietro nel tempo, catapultandoci all’epoca d’oro del death metal nato e sviluppatosi tra Yonkers e Long Island, rivivendo i capolavori di titani del genere come Suffocation, Pyrexia, Malignancy, Immolation, Internal Bleeding ecc. Come da tradizione in questo stile, siamo al cospetto di suoni corposi e rotondi, voce gutturale all’estremo e un’accordatura che più bassa è, meglio è.

Death metal newyorchese è sinonimo di tecnica e brutalità da una parte e asfissianti rallentamenti slam dall’altra: ingredienti che sono spinti al limite in “Malignity”, seguendo proprio le linee guida di dischi come “Effigy Of The Forgotten”, “Pierced From Within” e “Sermon Of Mockery”, giusto per citarne alcuni.
Le undici tracce per oltre mezz’ora si diramano in un ricercato e ultra-elaborato labirinto fatto di scale, fraseggi, ripartenze, armonici e opprimenti parti cadenzate alla “Voracious Contempt”.
Competente, precisa e instancabile l’operosità del batterista Ollie Ballantyne, che non si limita mai a scegliere la soluzione più semplice e monotona, ma segue nei minimi dettagli l’intricata ragnatela di riff tessuta dai chitarristi Jordan Fernand e Jamie Colic, con quest’ultimo che si fa carico anche dell’eccellente groviglio ritmico affidato a un basso distinguibile e virtuoso. Poco intrusivi e sempre azzeccati gli assoli di chitarra capaci di richiamare lo stile di Robert Vigna degli Immolation, mentre il blast-beat si rifà fedelmente all’iconica tecnica all’unisono, conosciuta anche come hammer blast, lanciata dal primo batterista dei Suffocation, Mike Smith.

“Malignity” potrebbe essere definito come una sorta di guida pratica per suonare death metal newyorchese alla perfezione: ciò si traduce in un disco sapientemente ragionato, ottimamente composto e minuziosamente eseguito: nulla da dire.
Chiaramente queste premesse dovrebbero tenere alla larga chi è alla ricerca di gruppi che portano novità e sperimentazioni nell’universo del death metal; per i cacciatori di suoni fedeli ai guru del genere, invece, siamo al cospetto di un’accurata riproposizione degli anni che furono; segue gli stilemi del passato anche il concept dei pezzi allineato al filone gore, mentre la copertina aggiunge un pizzico di orrore lovecraftiano al tutto.
Un album indispensabile? No, ma sicuramente un album godibile e di alto livello, soprattutto se amate il brutal death metal della vecchia scuola.