Una Manovra “leggera” per le famiglie e le imprese, con una dote prevista di circa 16 miliardi e una spesa militare di +12 miliardi nei prossimi tre anni. Questi i dati che emergono dal Documento programmatico di finanza pubblica, licenziato lo scorso giovedì sera nel Consiglio dei ministri. Dal Dpfp emerge un’importante virata verso un aumento delle spese militari, che, come da promesse fatte a Trump e alla Nato, passeranno dall’attuale 2% del Pil (circa 45 miliardi di euro all’anno) al 2,5% del Pil nel 2028 (quindi 61 miliardi di euro all’anno).
Numeri che, se paragonati alla spesa per le famiglie e le imprese, riportano al tema dell’insostenibilità della promessa fatta. Comunque sono ancora tutti numeri da confermare: entro il 15 ottobre il testo dovrà essere inviato a Bruxelles e poi, il 20, arriverà in Parlamento.
Manovra militare: quanto spenderà l’Italia in Difesa
Il testo approvato giovedì 2 ottobre dal Consiglio dei ministri, ovvero il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), prevede un aumento delle spese per la Difesa. La dimensione dell’aumento è stimata, purché l’Italia riesca a uscire dalla procedura per il disavanzo eccessivo imposta dall’Ue, entro questi termini:
- 0,15% del Pil nel 2026;
- 0,3% del Pil nel 2027;
- 0,5% del Pil nel 2028.
Calcoli alla mano, c’è chi parla di circa 12 miliardi di euro in più per le spese militari nel triennio 2026-2028. Si partirebbe da 3,3 miliardi (0,15% del Pil) per il 2026, per un totale di 11-12 miliardi, ma solo se l’Italia uscirà dalla procedura d’infrazione europea (quindi se riuscirà a scendere sotto il 3% di deficit).
Dal documento emergono le percentuali, ma ancora una volta non è chiaro da dove saranno presi i fondi necessari per l’aumento. In che modo saranno coperte le spese e quale sarà l’impatto sulle altre voci della Manovra non è ancora chiaro. In ogni caso, le spese militari hanno una posizione prioritaria rispetto alle altre necessità.
Basta confrontare l’ipotesi di aumento della spesa militare attraverso un meccanismo automatico, sottoposto solo all’ostacolo della procedura d’infrazione, rispetto alle promesse di riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, privo di cifre e tempistiche, o al rifinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale, che è descritto come un “adeguamento per contenere l’impatto dell’inflazione” e impedire il collasso del sistema, e non come un investimento strutturale.
Da dove arriveranno le risorse?
I 12 miliardi di euro sulla Difesa sono condizionati alla fuoriuscita dalla procedura per il disavanzo eccessivo, e l’Italia è sulla buona strada. Il commissario Valdis Dombrovskis ha annunciato che già dalla prossima primavera si potrebbe avviare il processo di uscita con 12 mesi di anticipo rispetto all’ipotesi di un anno fa.
Con l’indicatore sempre sotto il 3% nei prossimi anni, le risorse liberate permetteranno di adeguarsi alla promessa fatta in sede Nato. Il tutto in un quadro di prudenza, come ha confermato il ministro dell’Economia. Giorgetti infatti ha dichiarato:
Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee, ma nel quadro delle misure imprescindibili a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese.