II via da oggi. Nick Fox, senior VP per la Search: «Risposte a domande sempre più complesse. Si va verso un mondo post-smartphone? Crediamo piuttosto che saranno integrati dagli occhiali. Un nostro social? Non abbiamo annunci, ma è interessante che sempre più utenti condividano le risposte ottenute»

L’Intelligenza artificiale irrompe nella ricerca di Google. E la rivoluziona, questa volta per davvero. Da oggi, in Italia (e in una cinquantina di altri Paesi), sarà possibile utilizzare AI Mode: una funzionalità che consente di attivare l’AI di Mountain View per ottenere risultati strutturati a domande più complesse e articolate di quelle che siamo soliti fare su Google.

Un secondo passo dopo l’introduzione del riquadro Overview, che fornisce risposte sotto la barra di ricerca. E mosso con iniziale cautela: AI Mode non sarà, per ora, la modalità di default, ovvero quella in cui si imbatte chiunque usi Google, ma basterà cliccare sulla scritta «AI mode» per approdare sulla pagina con le risposte composte dall’intelligenza artificiale recuperando informazioni nei miliardi di pagine che compongono l’indice del web costantemente compilato da Google.



















































Più le domande sono complesse, e personali, più i risultati delle due modalità di ricerca saranno diversi: «Nei Paesi dove è già stato lanciato, gli utenti si stanno abituando a scrivere domande 2 o 3 volte più lunghe di quelle precedenti», spiega al Corriere Nick Fox, senior vice president responsabile della ricerca. «Prima, nessuno avrebbe scritto una cosa come: “Il motore della mia auto fa un rumore strano, più forte quando accelero, cosa devo fare?”».

Ma perché Google ha deciso di mettere mano, di nuovo, alla fonte che le assicura il 56% dei ricavi (198 miliardi su 350, dati 2024)? «Ci siamo mossi perché il modo in cui gli utenti usano la ricerca cambia. Là dove AI Mode è già presente, ad esempio, fanno domande come in una chat. Inseriscono sempre più dettagli personali. E interagiscono di più».

Perché non renderla l’opzione di default, da subito?
«Per ora, ci siamo concentrati su nuovi insiemi di domande, le più complesse, per le quali la ricerca tradizionale non è mai stata particolarmente buona. In più, non abbiamo ancora sviluppato del tutto l’integrazione della pubblicità in AI Mode: per arrivare a una scala più ampia, è un passaggio necessario».

Se un passaggio così decisivo è ancora in fase sperimentale, perché partire ora?
«Abbiamo sempre appoggiato la disruption: ogni ondata tecnologica va cavalcata, per farne un motore di crescita. E siamo convinti di due aspetti: gli utenti faranno sempre più ricerche; e finché saremo in grado di far incontrare un’azienda e un utente, per noi ci sarà un’opportunità di business».

L’AI ormai è in grado di offrire risposte sicure?
«Per anni abbiamo affinato la nostra conoscenza del web. Sappiamo riconoscere le pagine autorevoli e di qualità. E AI Mode parte da qui. Abbiamo costruito il modello più sicuro e responsabile possibile. Specie su argomenti come salute e investimenti».

Altri competitor stanno pensando a nuovi device come elementi centrali della rivoluzione dell’AI. Stiamo per entrare in un’era post-smartphone?
«Credo che i telefonini siano, per molti aspetti, uno strumento ideale. E come azienda, riteniamo che saranno gli occhiali il device che li integrerà. C’è grande margine di evoluzione, lì».

Nei mercati dove AI Mode è già presente, gli editori hanno indicato aspetti problematici: ad esempio, i link sono meno visibili.
«Rispetto ad altri competitor, per noi i link sono davvero centrali. E ha senso che ci siano: per gli editori che ricevono traffico, e per gli utenti, perché possano valutare le diverse fonti. Dove AI Mode è già presente, i clic portati dal mondo della ricerca di Google sono relativamente stabili».

OpenAi ha dato vita a un social media, con l’AI al centro. Ci state pensando anche voi? Magari con Discover?
«Non abbiamo annunci da fare su questo, ora. Certo, una cosa interessante in AI Mode è che puoi condividere le risposte: ed è una dinamica su cui stiamo puntando sempre più. Quanto a Discover, non lo pensiamo come un social, ma è vero che stiamo integrando sempre più contenuti generati dagli utenti. Vogliamo che permetta di seguire sempre meglio i propri interessi e le proprie passioni».

Sono molti gli esperti preoccupati dall’Ai. Lei lo è?
«Sono ottimista: i rischi ci sono, ma le opportunità sono enormemente di più. Per rendere le persone più informate, più istruite, è indispensabile che la qualità dei risultati sia il più possibile alta: per questo ci siamo mossi un po’ più lentamente di altri, all’inizio di questa fase dell’AI. Abbiamo messo a punto un processo responsabile».

Nick Fox

Grafico AI Mode

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8 ottobre 2025