di
Aldo Grasso

La formula dello show «Max Working – Lavori in corso» funziona poco. E il pubblico sembra accontentarsi, invece di pretendere un umorismo più curato

Il problema non è Max Angioni, il problema è la formula scelta. Angioni è in un teatro, il Teatro Civico Roberto De Silva di Rho, e interagisce con il pubblico mostrando lunghi inserti televisivi. Quindi noi a casa vediamo una sorta di metatelevisione: la tv che mostra la tv e un comico che commenta la sua performance televisiva. In più, ci sono le risate del pubblico teatrale.

Max Working – Lavori in corso, prodotto da Blu Yazmine per Italia 1, vede Max Angioni nei panni di un apprendista alle prese con diverse professioni. In ogni episodio, quattro in tutto, Max Angioni si mette alla prova in due mestieri diversi, affrontandoli come stagista o apprendista, interagendo con i datori di lavoro. Le esperienze lavorative vengono poi raccontate e commentate, offrendo un resoconto carino delle sue avventure.



















































Nella puntata di domenica, Max prima si è cimentato in cucina sotto la guida dello chef Matteo Fronduti, patron del ristorante Manna a Milano; poi ha vissuto una giornata in mare sul peschereccio Aquila Pescatrice, in compagnia del Capitano Elia Orecchia, con partenza dal porto di Genova.
Il pubblico in teatro rideva molto ma era anche molto evidente che quelle risate fossero il frutto di un sapiente lavoro di montaggio: a ogni battuta di Max, felice o meno, corrispondeva uno stacco sulla platea per cogliere persone plaudenti. 

In tutta onestà, pur ammirando la bravura della postproduzione, quelle risate mi parevano eccessive rispetto all’efficacia delle battute. A questo punto mi sono posto un problema: perché la gente si accontenta di così poco? So bene che la comicità è incredibilmente soggettiva. Ciò che fa ridere una persona può lasciare indifferente o addirittura irritare un’altra. Le nostre esperienze di vita, il retroterra culturale, l’età, l’umore del momento e persino il contesto sociale influenzano profondamente il nostro senso dell’umorismo. Esiste un «metro» universale per misurare la qualità di una battuta o di uno sketch? Non credo ma credo che la «Curva di Apprendimento dell’Umorismo» in molti si sia fermata troppo presto. Indipendentemente da Max Angioni.

28 luglio 2025