«Cosa sarebbe una comunità senza la sua biblioteca popolare? Gestiti nella maggior parte dei casi da donne, insegnanti, bibliotecari o vicini di casa, questi luoghi sono ben più che scaffali pieni di libri: funzionano come spazi di cura, di incontro e di attivismo. Per molte persone sono il primo contatto con la lettura o con la possibilità di scrivere»: comincia così un articolo che il quotidiano di Buenos Aires Página 12 ha dedicato alla «trama viva» delle biblioteche, tanto più preziosa al tempo del declino globale della lettura e (non dimentichiamolo, visto che siamo in Argentina) della motosega di Milei, sempre pronta a tagliare come un ramo secco tutto quello che sa di cultura.

«Dove c’è una biblioteca aperta, c’è memoria, dialogo e un futuro condiviso», continua l’autrice, Miranda Carrete. «Qui si esercitano i diritti: alla conoscenza, alla bellezza, al gioco, all’immaginazione di altri mondi possibili. Anche se dall’esterno sembrano silenziose, all’interno c’è sempre vita: un circolo di lettura con i bambini, un gruppo di donne che scrivono la loro storia, una vicina che osa leggere ad alta voce per la prima volta».

Luoghi, nel clima attuale – esposti a attacchi rabbiosi – e tuttavia i tentativi di indebolire la Comisión Nacional de Bibliotecas Populares (Conabip), cui fanno capo oltre millecinquecento biblioteche sparse in tutta l’Argentina, si sono scontrati con una mobilitazione che resiste da più di un anno e che comprende, accanto ai bibliotecari, tanti artisti e operatori culturali, consapevoli di avere a che fare con un’istituzione gloriosa, fondata nel 1855 da Domingo Faustino Sarmiento, presidente dell’Argentina a quel tempo e autore di un libro celebre, Facundo. Civiltà e barbarie (qualche anno fa Mimesis lo ha proposto nel suo catalogo).

Per fortuna, però, anche oggi ci sono politici che il valore delle biblioteche lo conoscono: è il caso di Rachel Reeves, cancelliera dello scacchiere in Gran Bretagna, che giorni fa ha annunciato di voler dotare ogni scuola elementare inglese di una biblioteca «perché tutti i bambini possano cominciare la loro vita al meglio, indipendentemente dal contesto economico di provenienza» – parole che piacerebbe sentir pronunciare in Italia dove, lo ricordiamo ai distratti, nel 2020 è stata approvata una legge «per la promozione e il sostegno della lettura».

All’articolo 5 la legge dice che le scuole «promuovono la lettura come momento qualificante del percorso didattico ed educativo degli studenti e quale strumento di base per l’esercizio del diritto all’istruzione e alla cultura nell’ambito della società della conoscenza». Lo stile è diverso da quello di Reeves, ma in fondo l’idea è la stessa, peccato che in molti istituti la biblioteca manchi e si siano presto arenati i progetti per «la formazione per il personale delle scuole della rete impegnato nella gestione delle biblioteche scolastiche», ai quali la legge destinava un milione di euro per il 2020 e il 2021.

Nel caso della Gran Bretagna, Pippa Crevar scrive sul Guardian che il programma promesso da Reeves «sarà finanziato da 132,5 milioni di sterline di beni dormienti che verranno sbloccati per dare ai giovani accesso alle opportunità culturali». Nel concreto, serviranno per creare biblioteche nelle 1.700 scuole primarie che oggi ne sono sprovviste: in media una su sette, secondo una ricerca del National Literary Trust, ma una su quattro nelle aree «svantaggiate».

Per vedere gli effetti della misura ci vorranno anni, ma non è appunto bello e raro che qualcuno si ricordi che la politica è fatta anche di tempi lunghi e di un futuro migliore (si spera) per tutti? E che in questo futuro la lettura, i libri, giocano un ruolo importante?