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Ultim’ora news 8 ottobre ore 20

Nel linguaggio assicurativo si chiama secondo pilastro. È quello che copre le prestazioni sanitarie, ma per il senatore di Fdi Francesco Zaffini, presidente della commissione previdenza e sanità, si tratta di qualcosa di più: una necessità per evitare che il sistema pubblico si pieghi sotto il peso di costi crescenti. Da qui l’urgenza di mettere mano alla sanità integrativa, trasformandola in un forza capace di sostenere il Servizio sanitario nazionale.

La riforma in cantiere

Al Festival delle assicurazioni di Milano Finanza, Zaffini ha rilanciato il cantiere della riforma con un’immagine efficace: «Il welfare aziendale oggi chiude l’ombrello proprio quando comincia a piovere, cioè quando il lavoratore va in pensione e, vista l’età, è più soggetto a problemi».

La riforma dovrà quindi costruire continuità assistenziale dopo il pensionamento, con una la prima fase a legislazione vigente per mettere ordine tra gli erogatori e una seconda, strutturale, che rafforzi il legame tra Stato e welfare aziendale.

Dal senatore è giunta anche la proposta di istituire «un garante della salute», incaricato di fissare standard su tempi e qualità, e vigilare sugli erogatori, in modo da ridurre le diseguaglianze territoriali.

Il ramo Salute è in crescita

«Il ramo Salute sta diventando sempre più centrale e dovrà crescere in relazione con il pubblico», conferma Marco Mazzucco, ad di Blue Assistance. Non è più solo una questione di premi: il settore gestisce un volume crescente di sinistri e ha smesso di fare il semplice pagatore. «Nel 40-50% dei casi indirizziamo gli assicurati verso le strutture del nostro network», spiega Mazzucco, «integrando il lavoro del Ssn e garantendo accessi più rapidi e appropriati, anche grazie alla telemedicina».

Un focus operativo è arrivato infine da Giovanna Gigliotti, ad di Unisalute, che ha spiegato come il cuore delle coperture resti l’area esterna ai Lea, l’insieme di prestazioni sanitare che lo Stato deve garantire, dove l’intermediazione di un’assicurazione può fare la differenza sull’appropriatezza clinica e sul prezzo.

L’Italia resta infatti indietro nella quota di spesa privata intermediata, appena il 7-8% contro il 50-60% di Germania e Francia, mentre le famiglie pagano di tasca propria per accessi e prestazioni.

Maggiore prevenzione

La riforma dovrà trasformare questa spesa in percorsi tracciabili, con standard condivisi e vigilanza effettiva. Anche seguendo l’agenda pubblica che chiede più prevenzione. «Ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare cinque», ricorda Zaffini, indicando l’obiettivo di portare la quota del Fondo sanitario nazionale destinata alla prevenzione dal 5% al 7%.

Il perimetro sembra dunque tracciato: niente ideologie, dicono gli operatori, ma «un bagno di realtà» che riconosca l’indispensabilità del pubblico e l’utilità di un privato convenzionato già oggi eroga oltre metà delle prestazioni. «La sanità è tutta buona, quella pubblica in primis», osserva Gigliotti, «ma un Paese che invecchia ha bisogno di integrazione per garantire accesso e qualità anche ai più fragili».

Se il secondo pilastro riuscirà a trasformare i 40 miliardi di spesa privata annuali in circuiti trasparenti e misurabili, alleggerendo il Ssn e accorciando le liste d’attesa, la sanità integrativa smetterà di essere un tema da addetti ai lavori per diventare un’infrastruttura del benessere collettivo.

La sfida è passare dalle immagini alla pratica: far sì che, quando inizia a piovere, l’ombrello resti aperto. (riproduzione riservata)