COSENZA Raffaele ha 20 anni e una battaglia difficile alle spalle. È nato con una rara variante della sindrome di Marfan, malattia genetica che indebolisce l’aorta e può aprirla come crepa imprevedibile nel muro. Qualche settimana fa, a Cosenza, il suo cuore ha sfiorato il limite: un aneurisma toracico di una decina di centimetri lo stava uccidendo. Allora i medici dell’ospedale pubblico di Cosenza l’hanno salvato con un intervento difficile e d’urgenza, che in Calabria, spiegano, non era stato mai tentato.
La madre Luisa racconta che il figlio aveva solo tre ore di tempo. «Il dottor Paolo Piro mi ha guardato negli occhi e mi ha detto che dovevano salvare mio figlio. Allora ho capito – ricorda la donna – che non ci avrebbero abbandonato». Insieme a Piro, sottolinea Luisa, il cardiochirurgo Marco Valente ha eseguito un’operazione che allo stesso policlinico Gemelli di Roma, dove Raffaele si trova per un secondo intervento, hanno definito straordinaria.
All’ospedale di Cosenza, la squadra di Chirurgia vascolare ha ricostruito il tratto di aorta dilatato e bloccato una possibile emorragia fatale. È stato quindi impiantato un dispositivo endovascolare, una sorta di parete interna che ha fermato la rottura imminente. «Molti ospedali si erano rifiutati di operare Raffaele, l’intervento era troppo rischioso» dichiara la madre, che con evidente commozione nomina la dottoressa Cosima Cloro, responsabile dell’Unità di terapia intensiva cardiologica, e il dottor Antonio Mastroianni, direttore di Malattie infettive. «Lo hanno curato – precisa la signora – come fosse figlio loro».
Raffaele era arrivato a giugno in codice rosso per un dolore toracico violentissimo. Gli esami avevano escluso un infarto e rivelato due aneurismi: uno dell’aorta e uno dell’arteria succlavia. Dopo un primo intervento al Gemelli, il ragazzo era tornato a Cosenza per essere seguito. Un’infezione aveva imposto un nuovo ricovero. Poi, all’improvviso, era giunta la crisi: perdita di sangue, dolori insopportabili e l’aorta a un passo dalla rottura.
«Non c’era più tempo», avevano detto i medici. Il giorno dopo l’équipe cosentina ha deciso di agire. È nata così una pagina di buona sanità, di coraggio e competenza. L’intervento endovascolare è riuscito. Stabilizzato e cosciente, Raffaele è stato trasferito in elisoccorso al Policlinico Gemelli, dove prosegue la terapia.
Il ringraziamento della famiglia – esteso anche, «per l’organizzazione impeccabile del trasporto in elicottero, a Riccardo Borselli e Marco Laratta», rispettivamente direttore del Suem 118 e coordinatore infermieristico dello stesso servizio – è una testimonianza di speranza. «Si sappia – si augura Luisa – che a Cosenza c’è chi lavora con capacità e umanità. Nostro figlio è vivo grazie a loro».
Nietzsche scriveva che «ciò che non mi uccide mi fortifica». Per Raffaele, il motto è un altro pezzo della sua storia, toccante, di lotta per la vita. (E.M.)
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