Il portiere dei sardi: “A Napoli andava tutto bene e ho un ricordo bellissimo, ma mi guardavo allo specchio e sentivo che mi mancava una parte di me”
Giornalista
9 ottobre – 08:11 – MILANO
Elia Caprile ha una visione chiara e allo stesso tempo autocritica della quotidianità. Il suo equilibrio deriva da questa visione. La partenza positiva del Cagliari lo soddisfa, ma non lo sazia.
Otto punti in 6 partite con 2 soli ko contro Napoli e Inter: quale bilancio si può fare?
“Siamo partiti bene e dobbiamo darcene atto perché i punti raccolti finora sono una buonissima prova. Però il campionato è lungo e bisogna restare concentrati sull’obiettivo. Centrare la salvezza il prima possibile è la priorità”.
E come valuta il suo avvio di campionato? La sua media voto per la Gazzetta è 6,75…
“Lavoro quotidianamente per diventare la miglior versione di me stesso dentro e fuori dal campo. Sono quindi contento, ma è solo la prima parte del torneo”.
“Molto… e pensi che sono anche migliorato rispetto a quando ero un ragazzino…”.
Quale impressione si è fatto della qualità del campionato?
“Il livello si è alzato. Le proprietà straniere che sono entrate in diverse società hanno iniettato investimenti e hanno portato a un livello superiore la Serie A. È un plus per tutti avere un torneo più competitivo. Però non contano solo i soldi per fortuna…”.
“Mi riferisco al fatto che alla fine contano le idee, quelle buone. Ci sono tanti allenatori e tante società che con le buone idee compensano e costruiscono squadre che possono giocarsela contro ogni avversaria”.
Un po’ come a Cagliari…
“Esattamente. La società ha affidato a Fabio Pisacane la squadra: un allenatore giovane, all’esordio con una prima squadra che si sta dimostrando preparato e credibile con la sua proposta di calcio. Conosce bene le dinamiche dello spogliatoio, ha portato principi di gioco nuovi e noi ci fidiamo di lui”.
Si è vista una squadra interessante e costruttiva: ci sono margini di miglioramento?
“Sì, possiamo fare ancora di più e meglio”.
La sua carriera, nonostante abbia solo 24 anni, porta a diverse riflessioni: a 18 anni è andato in Inghilterra, a 20 è passato da una squadra di Premier alla C italiana, a 23 lascia i futuri campioni d’Italia per una squadra che lotta per salvarsi.
“Leeds è stata un’esperienza anche di vita: ho imparato l’inglese e a vedere il calcio da una prospettiva differente. Poi la Pro Patria: sono arrivato che avevo un contratto lungo con un club di Premier e ho condiviso la stagione con compagni che si giocavano il contratto anno per anno. Ho capito moltissimo. A Napoli andava tutto bene e ho un ricordo bellissimo di club e città, ma mi guardavo allo specchio e sentivo che mi mancava una parte di me. Ringrazio Cagliari per l’opportunità che mi sta dando”.
Com’è stato vivere da solo in un paese straniero in pieno lockdown?
“Mi è piaciuto stare con me stesso, mi ha aiutato a capire che il tempo libero deve essere di qualità e va condiviso con la gente giusta”.
Dopo sei mesi positivissimi in Sardegna sono arrivati attestati di stima da parte di top club italiani ed europei. Lei ormai ha una valutazione che si aggira sui 35 milioni: come la vive?
“Fa piacere sentirsi accostati a top club. Però la mia testa è sul Cagliari, sono concentrato ad aiutare tutti nel raggiungimento della salvezza”.
Il suo livello porta a pensare che la Nazionale sia raggiungibile: ci pensa per il futuro prossimo?
“Innanzitutto bisogna essere onesti e dire che Donnarumma è il migliore del mondo nel ruolo. Poi ci sono tanti portieri italiani bravi e io sogno l’azzurro sapendo che può diventare realtà solo lavorando bene con il Cagliari”.
È sempre stato portiere?
“Sì, mi piaceva sporcarmi quando mi buttavo: mamma Elisabetta mi metteva sotto la doccia direttamente vestito. E mi sono innamorato del ruolo grazie alla maglietta dorata di Gigi Buffon del Mondiale 2006”.
Mai pensato “ma chi me l’ha fatto fare”?
“Una vocina dentro di me ha sempre spinto per non farmi desistere. I momenti difficili ci sono stati e ci saranno. Ma ho lavorato molto su di me con un percorso motivazionale. Con i sacrifici si arriva”.
Che ruolo hanno avuto i suoi genitori?
“Mi hanno supportato, ma non obbligato. Mio padre Luigi ha fatto un po’ il mio allenatore imparando dai tutorial su Internet”.
E suo fratello Jacopo continua a giocare? Siete passati entrambi dal vivaio del Chievo…
“Continua a giocare ma ho spinto affinché provasse l’esperienza estera. Studia economia e commercio in Florida e gioca come difensore nella squadra del college. Vuole diventare procuratore sportivo”.
A Cagliari si è integrato rapidamente?
“Sì, è una città a misura d’uomo anche se non ho molto tempo. A novembre la mia compagna Emily e io diventeremo genitori di Edoardo e oltre a giocare devo pensare a preparare la casa (sorride, ndr)”.
Quindi la sua passione per il pianoforte è stata accantonata?
“Per adesso sì, ho dovuto fare spazio! Però la vorrei riprendere. Ho iniziato grazie al ricordo di nonna Fabiola che lo suonava. Ho preso lezione a Bari e mi rilassa. D’altronde la musica è nella vita di tutti i giorni”.
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