di
Andrea Galli
Venerdì sfida amichevole contro l’Atlético Madrid al nuovo stadio di Bengasi. «Anticipo» del match di Champions League a Madrid il 26 novembre
Senza 13 nazionali impegnati anche assai lontano (l’argentino Lautaro Martínez negli Usa, il brasiliano Carlos Augusto a Seul e Tokyo), l’Inter che resta, dopo aver beneficiato di due giorni di riposo al termine della straripante vittoria casalinga contro la Cremonese, si prepara all’inedito viaggio in Libia per l’amichevole di venerdì 10 ottobre: alle 18, in un tardo pomeriggio da 23 gradi ma attenti all’umidità in aumento, nel rinnovato, specie con aziende e maestranze turche, stadio di Bengasi, il «Benghazi international stadium», capienza di 41 mila spettatori, l’Inter sfiderà quell’Atlético Madrid reduce da un inizio non esaltante in Liga (tre vinte, quattro pareggiate, una persa). Un ruolino che vale il quinto posto nel campionato spagnolo. Di poco meglio l’Inter stessa, in quarta posizione in serie A per via di due sconfitte, ancorché in netta ripresa. Ma il tutto, di là, interessa meno di zero. I colleghi dei pochi quotidiani — le testate per lo più sono online — ci riportano cronache d’una febbre locale tra l’ansia e l’adrenalina, appassionati come sono i libici di calcio.
Voglia estrema di pallone. Considerando in aggiunta che la Libia, a causa di acclarati limiti tecnici, sarà l’unico Paese assente, dei cinque del Nordafrica, alla prossima coppa continentale di calcio in Marocco per nazioni dal 21 dicembre al 18 gennaio (proprio il Marocco di Hakimi è il favorito, insieme all’Egitto di Salah). Ma pesano anche sullo sport i cronici problemi di instabilità interna e la fragilità istituzionale. La faida delle tribù è permanente dopo la caduta del regime di Gheddafi nel 2011 nella stagione delle cosiddette Primavere arabe, e il contrasto tra le due regioni dominanti, a oriente la Cirenaica (di cui è capoluogo la medesima Bengasi), feudo dei militari del generalissimo gravemente malato Khalifa Belqasim Haftar, e a occidente la Tripolitania sede del Governo provvisorio (nella capitale Tripoli), genera reciproci attentati. Di continuo.
Ma ancor più adesso, in conseguenza dei miliardi dell’Unione europea incassati dalla Tunisia per bloccare le partenze dei migranti e rimpatriare donne, uomini e bambini arrivati dal Centrafrica attraverso il Sahara, la Libia, ovvero la sua capacità di contrastare il racket degli scafisti e ridurre le partenze sui barconi, risulta centrale nel complicato scenario del Mediterraneo. Anche l’Italia spinge verso la pacificazione libica o quantomeno una duratura tregua che avrebbe scontati effetti sul tema medesimo dei profughi e richiedenti asilo — esiguo qui lo spazio per discorrere dell’argomento dei diritti violati e dei centri d’accoglienza-lager.
E il calcio, si sa, rappresenta un veicolo raro.
Insomma ragioni di Stato, per potenziare il dialogo tra Nordafrica, Italia e in generale l’Europa meridionale motivo per cui ecco la presenza anche dell’Atlético (che a fine novembre affronterà l’Inter in Champions); e interessi economici delle aziende. Non a caso in estate, all’Arena di Milano e negli stadi di Sesto San Giovanni e Meda, s’è disputata la fase finale del campionato libico in virtù d’un patto siglato — di nuovo — tra i due Governi. Più che per lo spettacolo, la manifestazione ha meritato racconti sui giornali internazionali per le risse: in campo fra calciatori e allenatori; e sugli spalti tra gli sparuti tifosi che hanno proseguito a picchiarsi in strada e metrò. Cose da pazzi.
L’amichevole di venerdì mette in palio la «Coppa della ricostruzione» ed è una delle idee del potente Belgassem Haftar (uno dei figli del generalissimo), direttore del Fondo per lo sviluppo e la ricostruzione della Libia; una figura ricevuta (e ascoltata) nel circuito diplomatico, forte di una rete con manager italiani, dal trasporto aereo per riattivare i collegamenti diretti, alle infrastrutture per costruire strade e quartieri a Bengasi, all’agricoltura per risollevare il settore con investimenti e tecnologie. Forse Belgassem Haftar studia per governare un giorno la Libia. Una nuova Libia.
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8 ottobre 2025 ( modifica il 9 ottobre 2025 | 09:13)
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