di
Giusi Fasano

L’attesa e i timori delle famiglie: «Finché non torneranno tutti a casa i nostri cuori saranno ostaggio laggiù, assieme a loro»

Ripubblichiamo l’articolo di Giusi Fasano sugli ostaggi israeliani in mano ad Hamas, giù pubblicato il 5 ottobre. 

DALLA NOSTRA INVIATA
GERUSALEMME – Settecentotrenta albe fa era la vita. Era la quiete dei kibbutz o la musica al Nova Festival. Era Shabbat, giorno di festa. Poi da oriente il sole arrivò assieme al sangue. I tagliagole di Hamas avevano un solo obiettivo: uccidere e rapire più gente possibile. Alla fine della mattanza i morti furono più di 1.200, 251 gli ostaggi portati nella Striscia di Gaza. Tesler, amico fraterno di Bar Kuperstein, dice che quella mattina «Bar mi ha mandato un ultimo messaggio che diceva: se mi succede qualcosa per favore, prenditi cura della mia famiglia». Bar, 23 anni, oggi è uno dei 48 ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Analisi scientifiche su resti umani recuperati dall’esercito e informazioni d’intelligence raccolte sul campo, da filmati diffusi da Hamas o da ostaggi liberati man mano, sono alla base della stima dei vivi e dei morti. Si pensa che possano essere ancora in vita fra i 20 e i 22 rapiti. Per gli altri non ci sono speranze



















































Gaza, le ultime notizie sulla guerra

Hadar Goldin è un ufficiale israeliano nella lista dei 48, ma non è stato rapito il 7 ottobre. Hamas ha il suo corpo dal 2014, quando — sul finire della guerra battezzata come «Margine di protezione» — fu ucciso assieme al soldato Oron Shaul. L’Idf sapeva che sotto la Striscia c’erano tunnel ma in quell’occasione scoprì che erano una specie di città-cunicolo sommersa. Il soldato Oron è stato recuperato l’anno scorso. L’ufficiale è ancora da qualche parte, sotto Gaza. Recuperare lui e gli altri ormai senza vita fa parte del punto più importante dell’accordo, ma l’attenzione di tutti adesso è soprattutto per i probabili vivi. Non c’è più tempo da perdere ed è questo il primo pensiero che viene in mente guardando il video spaventoso di Evyatar David: ridotto a pelle e ossa, si scava la fossa nel buco nero in cui è tenuto prigioniero mentre i terroristi gli puntano addosso una pila perché il mondo veda di cosa sono capaci. Lui ha 24 anni, riesce ancora a parlare e muoversi; nel filmato (di pochi mesi fa) si vede anche Rom Braslavski, altro ostaggio scheletrico nell’elenco dei presunti vivi, che invece non riesce far altro che contorcersi. 

Nimrod Cohen ha 21 anni ed è un soldato. Con i soldati i carcerieri di Hamas non si risparmiano. Chi è tornato dalla Striscia racconta che è stato torturato, che l’hanno legato e rinchiuso in una gabbia per animali, che parlava ogni giorno un po’ meno e che nei tunnel aveva sviluppato una malattia della pelle, comune ad altri prigionieri per via delle condizioni igieniche e dell’umidità sopportate così a lungo. 

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E poi c’è Alon Ohel, 24 anni, pianista. È uno degli ultimi a essere stato filmato vivo. «Quelli non sono i suoi occhi» hanno detto dal primo frame i suoi genitori. Ed esperti di oftalmologia confermano: dalle immagini hanno capito che lui non vede più dall’occhio destro, probabile conseguenza delle granate che i terroristi lanciarono nel rifugio dove aveva provato a cercare scampo assieme ad altri ragazzi in fuga dal Nova Festival. 

Anche Avinatan Or, 32 anni, è ancora nei tunnel da dove è riemersa (salvata con un blitz dei soldati Idf) Noa Argamani, la sua ragazza. La ricordiamo tutti, Noa. Ricordiamo i suoi lunghi capelli scuri al vento mentre piangeva e gridava «non uccidetemi» ai miliziani che l’hanno separata brutalmente da Avinatan e l’hanno portata via in motocicletta. 

Gali e Ziv Berman sono due fratelli gemelli, 27 anni. Forse sono prigionieri nello stesso tratto di tunnel. Li chiamano Twin Power. Gali gioca come difensore e Ziv come centrocampista difensivo nella squadra di calcio Shualei Kfar. 

David Cunio invece ha 34 anni ed è un attore premiato per il film «Youth» alla Berlinale, il più grande festival cinematografico tedesco. Altri rapiti dicono che era vivo quando loro sono tornati a casa. 

Lo sgomento delle famiglie è nell’aria, ai vari ritrovi dove sono ormai quotidianamente. Torneranno tutti? Saranno davvero ancora vivi David, Guy, Maksim, Matan, Rom, Tamir…? «Finché non torneranno tutti a casa i nostri cuori saranno ostaggio laggiù, assieme a loro» è il messaggio al mondo di chi li sta aspettando. E non sono soltanto familiari. Li stanno aspettando tutti gli israeliani per «cominciare a guarire», come hanno detto in una delle piazze alcuni di loro. Per cominciare a uscire dal tunnel scavato in ciascuna delle loro vite dopo il 7 ottobre.

9 ottobre 2025 ( modifica il 9 ottobre 2025 | 09:35)