(Virginia Piccolillo) Con un triplo no, l’aula di Montecitorio ha scudato i ministri, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano, sul caso Almasri

Il tribunale dei ministri non potrà più procedere per accertare se, nella vicenda del torturatore libico ricercato dalla Corte Penale internazionale, arrestato e scarcerato dalla magistratura e subito espulso e riaccompagnato in Libia su un volo di Stato invece di procedere con un nuovo arresto,  i tre abbiano compiuto reati. La posizione di Giorgia Meloni, inizialmente indagata, è stata archiviata.

C’era anche lei in aula alla votazione accompagnata da grida delle opposizioni che hanno parlato di «sfregio» del Parlamento. E di «vergogna internazionale». Tornando ad accusare Nordio di aver «mentito in aula». Il ministro, in silenzio in Aula, fuori ha ammesso di non aver potuto dire tutta la verità. «Non potevano. Perché da indagati eravamo vincolati al segreto istruttorio. L’aver voluto giurisdizionalizzare questa vicenda, affidandola subito alla procura – fa notare Nordio – ha ridotto le nostre capacità difensive, perché eravamo vincolati al segreto istruttorio. E non potevamo esternare in Parlamento considerazioni che potevano essere fatte eventualmente solo davanti al tribunale dei ministri».

In più, ha aggiunto Nordio bacchettando i magistrati «violando i diritti più elementari sono state valorizzate dichiarazioni da noi rese in Parlamento senza garanzie di difesa». «Anomalie» ha aggiunto il ministro, che «mi domando come non abbiamo fatto schizzare via dalle loro mani i codici, ammesso che siano stati consultati».