di
Sara D’Ascenzo

«Non ho mai pensato che l’arte potesse essere fuorilegge, eppure Banksy ha dimostrato a tutto il mondo il contrario»

«Non ho mai pensato che l’arte potesse essere fuorilegge, eppure Banksy ha dimostrato a tutto il mondo il contrario». Seguendo il filo delle sue azioni artistiche dipanate in oltre trent’anni – la prima apparizione è sui muri di Bristol nel 1992 – la studiosa trevigiana Alessandra Orefice ha scritto il saggio L’arte fuorilegge. Banksy dai muri ai musei (e oltre) (ZeL Edizioni, 138 pagg., 20 euro), un ritratto col filtro della semiotica di uno degli artisti più influenti e contraddittori di questi anni, esempio fulgido e graffiante di come l’arte possa al contempo risalire la corrente al contrario e diventare un potentissimo oggetto di consumo. Dopo la laurea magistrale in Semiotica all’Università di Bologna, Orefice ha approfondito i temi legati alla comunicazione visiva e all’arte urbana.

Gli inizi del «mito» risalgono a oltre trent’anni fa, clandestini, notturni, segreti. Modalità che si sono conservate nel tempo, ma negli anni quello che oggi è conosciuto come Banksy (un singolo? un collettivo? vedremo) ha acquisito popolarità e potere. Da La ragazza col palloncino rosso del 2005 al Bambino rifugiato comparso nel 2019 sul muro di un palazzo vicino a Campo San Pantalon, l’arte di Banksy divide, indigna, parla, significa. E questo libro ne dà conto con un percorso che va dagli inizi a Bristol alle ultimi azioni, tra cui spiccano Dismaland, il castello delle non-favole sconsigliato ai bambini, installato a Weston-Super-Mare, Bristol, nel 2015 al distopico The walled off hotel inaugurato a Betlemme nel 2017, un albergo oggi temporaneamente chiuso per guerra dove «ogni elemento della struttura fa riferimento al conflitto israelo-palestinese, dalle opere al suo interno al piano-bar in stile coloniale inglese».



















































«Contraria alle operazioni di stacco»

«Il saggio nasce dagli studi di Semiotica al Dams circa dieci anni fa – racconta Orefice – Banksy era ancora poco studiato. Si cominciava a parlare di street art come movimento non storicizzato ma sicuramente riconosciuto. Fare ricerca su Banksy mi permetteva di indagare le grandi contraddizioni nel movimento, col processo di musealizzazione di un’arte che nasce all’esterno e invece viene portata all’interno, che vive di grandi denunce ed è contraria al sistema ma si inserisce all’interno del sistema economico». Una summa di contraddizioni che non può non far venire in mente il dibattito scatenato sull’opera del Ragazzino migrante apparsa a Venezia e sulla necessità o meno di staccarlo dal muro per restaurarlo. «Sono contraria alle operazioni di stacco – spiega Orefice – penso sia questo lo spirito della street art e dell’opera nata per la città, seguendo il suo ritmo: quella è un’opera effimera con un grande legame con il contesto: si parla dei tanti bambini immigrati che cercano nuova vita, ma anche del cambiamento climatico, visto che è posta a bordo canale e l’altezza dell’acqua varia in base alle maree. In questo modo possiamo dire che il suo destino è collegato al destino della città di Venezia: staccarlo e musealizzarlo fa perdere vocalità all’opera».

La street art

Si capisce anche perché proprio Banksy tra tutti gli artisti che negli ultimi trenta-quarant’anni si sono affacciati alla scena della street art: «Lui rappresenta la storia della street art, il grande nome che ha permesso ai più di venire a conoscenza del movimento lasciato ai confini – spiega l’autrice – col suo nome diventato un brand e un marchio ha permesso di porre l’attenzione a quella che è diventata un’arte». Eppure quando si vedono le magliette sulle bancarelle che riproducono anche grossolanamente una delle sue opere non si può non pensare al fallimento della portata rivoluzionaria: «Banksy stesso ha fatto una grande azione contro un marchio che ha utilizzato la sua immagine sulle magliette – conclude Orefice -. Lui che si dice tanto contrario al copyright definendolo “da sfigati” dice che non sono autorizzate le mostre che si fanno in giro per il mondo. Soprattutto quello europee che girano e che sono mostre preconfezionate».


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8 ottobre 2025 ( modifica il 8 ottobre 2025 | 19:24)