voto
7.0

  • Band:
    INTERNAL BLEEDING
  • Durata: 00:29:35
  • Disponibile dal: 17/10/2025
  • Etichetta:
  • Maggot Stomp

Streaming non ancora disponibile

Gli Internal Bleeding non sono mai stati (né saranno mai, a questo punto) dei geni del death metal, ma tutto ciò che in carriera è mancato loro in termini di inventiva e dischi sopra la media si può dire che sia stato compensato da un’attitudine e da una capacità di resistere ai brutti colpi della vita (vedasi la tragica scomparsa del batterista/membro fondatore Bill Tolley) a dir poco inscalfibili.
Certo, alla formazione di Long Island andrà sempre riconosciuto un ruolo nella definizione del linguaggio slam e death-core, in virtù del seminale esordio “Voracious Contempt” (1995), ma sulla falsariga degli amici Pyrexia – dediti anch’essi alla radicalizzazione di quel mix di death metal e hardcore coniato dai Suffocation, e autori di lavori altalenanti – hanno poi faticato a confermarsi e a sviluppare compiutamente il discorso, lasciando che fossero i Dying Fetus dei capolavori “Killing on Adrenaline” e “Destroy the Opposition” a centrare il bersaglio grosso del filone.

Ad ogni modo, trascorsi sette anni dallo spento “Corrupting Influence” e siglato un accordo con l’intraprendente Maggot Stomp, nota per aver lanciato 200 Stab Wounds, Frozen Soul e Sanguisugabogg, la band del chitarrista Chris Pervelis si rifà viva con un pugno di brani decisamente più a fuoco di quelli del 2018, i quali ne risollevano le sorti tra livelli di ignoranza impressionanti (e fin qui, se vogliamo, nessuna novità), strutture fluide e una cura per la forma mai così evidente, vedasi anche il coinvolgimento di Taylor Young (Xibalba, Nails, God’s Hate) e Brad Boatright (Twitching Tongues, Obituary, Kruelty) nelle fasi di mixing e mastering.
Musica che, senza nessuna pretesa di evolversi o di uscire dal seminato, punta tutto sull’unica cosa che conta in un contesto del genere: riff con la R maiuscola affastellati in modo efficace e scorrevole, a costruire un muro di cemento contro cui sbattere le teste dei nemici, riducendole in poltiglia.
Una proposta che, in un botta e risposta costante fra elementi death, hardcore e thrash, potrebbe essere nuovamente descritta come ‘”Effigy of the Forgotten” incontra “For Those Who Were Crucified”’, la cui andatura cadenzata diventa presto la traccia di un DNA newyorkese inalterabile; una postura che il quintetto mantiene in modo assolutamente spontaneo e naturale, rincarando appena possibile la dose di tamarraggine con un breakdown o qualche altra soluzione volta a far esplodere definitivamente la vena mosh del songwriting.

Chiaro, il dinamismo e l’ingegno della band di John Gallagher – presa nei suoi momenti migliori – continuano a restare fuori dalla portata dei Nostri, ma ciò non toglie che lo spirito palesato dalla tracklist di “Settle All Scores” sia di quelli giusti, rinvigorendo una carriera data più volte per spacciata e mostrando un gruppo compatto e vitale, qui alle prese con alcune delle sue composizioni più riuscite e trascinanti.
Del resto, basterebbe prendere una title-track, una “Enforced Compliance” o una “Crown of Insignificance” per capire come ignoranza e stile possano andare più che volentieri braccetto, spianando la strada al disco ‘da palestra’ per eccellenza degli ultimi mesi. Un invito a nozze per tutti i fan del NY death metal, da un lato, e di All Out War, Madball e Merauder, dall’altro.