Il dirigente rossonero coccola l’attaccante portoghese, bersagliato dalle critiche dopo gli ingressi dalla panchina contro Napoli e Juventus.

Bastone e carota. A Casa Milan si utilizza questo metodo per cercare di rivitalizzare Rafael Leao, bersagliato dalle critiche dopo gli ingressi dalla panchina nelle ultime due partite di campionato giocate contro Napoli e Juventus.

Il dirigente rossonero Zlatan Ibrahimovic, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, parla così dell’attaccante portoghese: “C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbare lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà. Io posso essere più amico di lui dei giocatori, poi sono sempre Ibra con l’esperienza di Ibra. Prima avevo solo la modalità strong, ora ho imparato che per entrare nella testa dei giocatori a volte devi essere più soft. A Torino ero nello spogliatoio. Erano tutti arrabbiati, tutti, pure Allegri, perché si poteva vincere. E anche Leao. Ricordiamoci che durante la preparazione era il migliore, poi è stato fuori due mesi, ora deve tornare in forma. Chiaro che ci aspettiamo la magia, perché Leao è magia! Chiaro che parleremo sempre di lui, perché è uno dei giocatori più forti al mondo. L’ho visto ragazzino, adesso ha due figli: è un percorso. Io sono diventato maturo a 28 anni. E comunque quando abbiamo vinto lo scudetto posso dire che lo ha vinto da solo. C’ero anch’io? Non prendo crediti, voglio darli agli altri. Quell’anno a inizio stagione ho chiesto: quanti hanno vinto qualcosa? Hanno alzato la mano in uno, forse due. E quanti hanno giocato in Champions? Di nuovo, uno-due. Era un gruppo che aveva bisogno di un giocatore alfa, un leader. Era tutto un “Ibra andiamo a destra o a sinistra?”. Quando perdevamo dicevo “mandate solo me a parlare” così lasciavamo la squadra tranquilla: per me era come fare colazione. È nato un gruppo che ha cominciato a volare. Quando abbiamo vinto lo scudetto li ho visti piangere, è stata la soddisfazione più bella. Ma io lo avevo detto subito il primo giorno”.