Prima che iniziate a smadonnare per quanto state per leggere, visto che l’altra volta è successo proprio quello (mi riferisco alla recensione di Afterlifelines), ve lo chiarisco il più possibile: io ADORO i Rage, ci siamo? ADORO. Anche negli album meno riusciti, chessò Reflections of a Shadow o Ghosts, ho sempre trovato qualcosa di apprezzabile, una canzone, un ritornello che ti si stampa in testa, un riff, qualcosa. Chiaro? Fate “sì” con la testa. Non è che odio i Rage o Peavy Wagner, assolutamente no, come non odio Steve Harris o Bruce Dickinson o gli Iron Maiden o Janick Gers (no vabbè, lui lo odio davvero, maledetta scimmia albina epilettica). Quello che voglio dire, è che se un album non mi piace è sempre e solo il mio giudizio personalissimo, e vale per tutto quello che avete letto, leggete o eventualmente leggerete scritto, sempre da me, su Skunk Metal. Se volete altro, l’internet è vasto, e di siti più (e anche ben più) accessibili del nostro è pieno. Magari meno simpatici, ma, amici miei, non si può certo avere tutto.

Fatta questa doverosa premessa, esclusivamente per venire incontro alle vostre limitate facoltà mentali, devo purtroppo confermarvi che i Rage non sono affatto rinsaviti e di questo nuovo A New World Rising purtroppo non si salva nulla o quasi. Cominciamo dai lati positivi: c’è una canzone con un titolo geniale che è AGAINST THE MACHINE. Ora, io non so perché non ci avessero pensato prima, il titolo è fichissimo, però purtroppo la canzone fa cacare topi morti. Innovation è carina, oddio sempre nulla per cui farsi esplodere le mutande dalla gioia, ma insomma a confronto di quello che verrà dopo è tanta, tanta roba. Pure We’ll Find a Way e Cross the Line si lasciano più o meno ascoltare, ma il resto è veramente una colata di merda pura.

Il problema, secondo me, è il chitarrista, Jean Bormann, che firma insieme a Peavy tutti i pezzi e che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto portare nuova linfa ai Rage, un po’ come fecero Victor Smolski e Marcos Rodriguez e gli altri indietro fino a Manni Schmidt e il primo power trio, ma il problema è che stavolta il giochino non è riuscito, perché questo tizio è scialbo, insipido, senza nessun talento particolare come compositore, uno che potrebbe fare giusto il gregario ma di certo non l’altra colonna portante del gruppo. Oltre a questo, e come se non bastasse, Peavy stesso non è che stia ringiovanendo, questo è il decimillesimo album e effettivamente ora l’aiuto di qualcuno che sappia bene cosa sono i Rage sarebbe essenziale, invece c’è ‘sta capa sciacqua che non si sa distinguere la testa dal culo e che non c’entra fondamentalmente un cazzo, magari pure convinto di ammodernare il suono dei Rage, povero lui.

Parlando di suono, ho sentito A New World Rising in macchina, poi con un paio di AirPods, proprio mentre scrivo lo sto ascoltando con delle discrete cuffie chiuse da studio Sony, e devo ammettere che raramente ho avuto il dubbio piacere di ascoltare un suono di chitarre più brutto; ma è davvero, davvero brutto, tipo all’inizio di We’ll Find a Way, una roba terrificante, come se si fossero scordati di usare i simulatori di cassa microfonata (IR, Impulse Responses per gli amici). Ho idea che questo fenomeno le chitarre se le sia registrate per i fatti suoi, purtroppo. E pure Peavy urla troppo e alla cazzo di cane, considerando che poi il pezzo dove la voce migliora un po’ è l’ennesima riedizione di Straight to Hell, che peraltro non serve a nulla. Ci sono pure pezzi, come Beyond the Shield of Misery, che profumano di Rage ma avrebbero beneficiato di una voce più morbida, e anche, magari, di qualche armonia vocale, come facevano fino a qualche tempo fa. Peccato, davvero peccato. (Cesare Carrozzi)