PROFESSIONISTI | 10/10/2025 | 14:04

Trenta milioni di euro di danni: è quanto la Israel Premier Tech ha chiesto a Derek Gee per la rottura del contratto: è stato lo stesso corridore canadese a darne notizia sui suoi canali social.

«Non è stata una decisione facile, ma l’ho presa dopo un’attenta riflessione e per motivi legittimi. Alcuni problemi hanno semplicemente reso impossibile la mia permanenza nella squadra» ha scritto Gee – il cui nome è stato accostato alla Ineos Grenadiers come futura destinazione – negli ultimi giorni e aggiunge: «Mi trovo ad affrontare quella che, a quanto ho capito, è una richiesta di risarcimento danni di oltre 30 milioni di euro, per non aver fatto altro che esercitare i miei diritti fondamentali come professionista e come persona. Questo rafforza la mia convinzione che lasciare la squadra sia stata la decisione giusta, a prescindere dai recenti annunci di rebranding e ristrutturazione interna. Questi non sono i numeri o le situazioni che qualsiasi atleta si aspetta di affrontare quando sogna di diventare un ciclista professionista, e credo che questo contraddica i valori che questo sport cerca di sostenere».

IL COMUNICATO COMPLETO DI DEREK GEE

Vorrei affrontare e chiarire alcune speculazioni sulla mia situazione attuale, a seguito delle recenti dichiarazioni pubbliche rilasciate dalla mia ex squadra, che hanno affermato che il mio caso è attualmente dinanzi alla Corte Arbitrale dell’UCI. So che molte persone si aspettavano un aggiornamento e, sebbene non possa commentare il procedimento in corso, ritengo molto importante condividere la mia versione dei fatti. Ho rescisso il contratto per giusta causa, come è diritto di ogni persona quando non può continuare a svolgere il proprio lavoro nelle condizioni attuali. Questa decisione non è stata presa alla leggera: è stata la conseguenza di un rapporto irreparabile con il team principal, nonché di serie preoccupazioni legate al fatto di correre per la squadra, sia dal punto di vista della sicurezza che per una convinzione personale, che mi pesava molto sulla coscienza.

Ma ciò che mi sconvolge di più è come, quando si tratta di questioni umane, il denaro diventi la notizia principale; il denaro non è stato il motivo che mi ha portato a rescindere il contratto. Andarmene significava correre il rischio di non avere più equipaggiamento o assicurazioni in caso di infortunio: è un rischio che ero – e sono – disposto a correre, dato che semplicemente non potevo continuare a stare in quella squadra. Capisco che la squadra la vede diversamente e che la decisione spetta alle autorità competenti; tuttavia, ora mi trovo ad affrontare quella che ritengo essere una richiesta di risarcimento danni superiore a 30 milioni di euro, per non aver fatto altro che esercitare i miei diritti, diritti fondamentali come professionista e come persona. Questi non sono i numeri o le situazioni che qualsiasi atleta si aspetta di affrontare quando sogna di diventare un ciclista professionista, e credo che questo contraddica i valori che questo sport cerca di sostenere. Queste azioni riflettono anche gli stessi problemi che hanno portato alla rottura. Questo rafforza la mia convinzione che lasciare la squadra sia stata la decisione giusta, indipendentemente dai recenti annunci di rebranding e ristrutturazione interna».

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