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Carlos Passerini, inviato a Trento

Il presidente di Rcs MediaGroup intervistato da Aldo Cazzullo al Festival dello Sport di Trento rivela aneddoti e storie personali: «La politica mi piace ma ho la responsabilità di 4.500 dipendenti»

Mamma e papà. I giornali e le televisioni. Lo sport. La politica («sono un editore liberale»). I sogni di bambino («volevo fare il calciatore, ero bravino, poi ho capito che era meglio studiare»), il rapporto con Berlusconi («imprenditore determinato e pionieristico, mi disse: con Rcs sei riuscito dove non ce l’ho fatta io»). I figli. Le donne («ho avuto una vita sentimentale articolata, tre mogli, con l’ultima stiamo insieme da 26 anni, è molto importante»). Il futuro, con molti progetti ancora da realizzare, «perché continuo ad amare ciò che faccio, giorno dopo giorno, come quando ero ragazzo».

E poi ancora i vent’anni nel calcio col Torino, «pieni di emozioni e di passione». Un’ora intensa di aneddoti, storie, confidenze. Di sorrisi e anche di battute. Non si è nascosto, Urbano Cairo. Intervistato da Aldo Cazzullo sul palco del Festival dello Sport di Trento organizzato dalla Gazzetta, il presidente e ad di Rcs MediaGroup ha raccontato di sé. Non solo come imprenditore, editore, proprietario di una squadra di calcio di serie A. Ma soprattutto come uomo, papà, marito, figlio



















































Partendo dall’inizio, quando il vicedirettore del Corriere gli ha chiesto quale fosse il suo primo ricordo, privato e pubblico: «Privato, di sicuro mia mamma. Una ramanzina alle elementari per un brutto voto. Il suo rigore mi ha spinto a credere in me stesso. Una donna esigente che voleva il meglio per me, come la nonna. E poi papà, che voleva imparassi a contare velocemente. Mi è servito molto. L’ossessione dei numeri mi è venuta allora. Il ricordo pubblico è il Sessantotto. Io sono del 1957, ero piccolo, avevo 11 anni, l’ho letto sui giornali, che sono sempre stati una mia grande passione. Corriere, la Gazzetta, la Notte».

La sala della Filarmonica di Trento, che ha ospitato l’incontro dal titolo «Sogni di una vita», si trova a fianco della celebre facoltà di sociologia di Trento, uno dei luoghi simbolo della protesta degli studenti di quell’epoca. «Diciamo che politicamente da ragazzo ero uno spirito libero. Mi ricordo un’assemblea ai tempi del liceo, sono sempre stato per la possibilità che tutti potessero esprimere la propria idea, senza costrizioni. Più di una volta sono stato minacciato dagli extraparlamentari di sinistra» ricorda sorridendo Cairo, che esclude un futuro in politica: «È ancora oggi una passione. Ho votato Dc, poi i radicali con Pannella, dopo Forza Italia. Ma oggi so di avere 4500 dipendenti, non posso pensare di fare altro avendo questa responsabilità».

Già, le aziende: «Quando ho preso Rcs perdeva, oggi guadagna. Abbiamo fatto le cose bene, senza licenziare». «La7 è troppo di sinistra per i suoi gusti?» gli chiede Cazzullo. Risposta: «Sono un editore liberale. Non intervengo mai: non dico chi invitare, cosa fare, cosa dire. La linea che do è di avere una linea dialettica». Su Mediaset: «Mai pensato a scalarla, non era scalabile, poi Berlusconi era il mio mentore». Il discorso sugli investimenti tocca anche Rcs Sport: «Il Giro d’Italia è una grande emozione, ogni volta».

Lo sport, appunto. Che per Cairo ha sempre rivestito un ruolo centrale. Fin da quando da ragazzino tirava una palla di carta nel cortile di casa: «Papà aveva giocato nell’Alessandria, la passione arriva da lì. Ero ala destra, promettente, ma non passavo mai la palla. Un paio di buone stagioni alla Pro Sesto, poi al Cantù. Lì ho capito che era meglio concentrarmi sui libri».

L’amore per il calcio giocato, ma anche guardato, sulla tv in bianco e nero: «Italia-Germania 4-3 è un ricordo nitidissimo, il gol di Rivera, una partita che avrei voluto non finisse mai». Quindi, ovviamente, il Toro: «Era la mia seconda squadra del cuore già da bambino. La prima il Milan, l’idolo Gianni Rivera. Poi Claudio Sala, ala destra granata che cercavo di imitare».

L’acquisto del club nel 2005: «A volte ci sono contestazioni, ma ho messo 72 milioni di tasca mia senza prendere un centesimo. Ho dato tutto, ho fatto certamente anche degli errori, ma il bilancio è positivo. Non resterò a vita, ma cederò solo a chi dà garanzie. Ad oggi, nessuno si è fatto avanti». Infine, il futuro. «Ai ragazzi, come ai miei figli, dico: non abbiate fretta di guadagnare, nel lavoro seguite la passione, amate ciò che fate. Così, tutto diventa possibile».

10 ottobre 2025 ( modifica il 10 ottobre 2025 | 23:16)